Un recente studio rivela che il 75 per cento delle piante indigene del Kilimangiaro è scomparso nell’ultimo secolo a causa di agricoltura, costruzioni e aumento della popolazione. Ma una gestione sostenibile del territorio può invertire la tendenza.
La biodiversità del Monte Kilimangiaro è stata in gran parte distrutta dall’attività umana, non dal cambiamento climatico. Lo rivela un recente studio condotto e pubblicato da un gruppo di ricercatori scientifici sulla rivista scientifica PLOS ONE, con titolo “Gain and loss: Human and environmental wellbeing – drivers of Kilimanjaro’s decreasing biodiversity”.
Il gruppo di scienziati in collaborazione con un team di ricerca di Helsinki e Tokio ha analizzato 46 anni di immagini satellitari tra il 1976 e il 2022, dati raccolti dal 1913 e quasi 3.000 specie vegetali. L’obiettivo era quello di comprendere se la la biodiversità del Kilimangiaro (la composizione e il numero di specie vegetali) fosse cambiata con il tempo e perché.
Come riporta un ricercatore Andreas Hemp del gruppo su The Conversation, da questo studio è emerso un dato rilevante: il 75% delle piante indigene del Kilimangiaro è stato distrutto nell’ultimo secolo. L’uso intensivo del territorio da parte di agricoltori e costruttori, la perdita degli habitat naturali delle piante e l’aumento delle specie invasive sono emerse tra le principali motivazioni. Costruzioni, aumento della popolazione, espansione delle infrastrutture hanno pesantemente modificato il territorio. Secondo gli scienziati, la responsabilità di questa perdita è interamente umana.
“La nostra ricerca mette sul tavolo un fatto scomodo. Il più grande distruttore della biodiversità sul Kilimangiaro non è il cambiamento climatico. Siamo noi: le nostre fattorie, le nostre case, le nostre strade, la nostra conversione del territorio”, spiega Hemp.
Per il ricercatore però una soluzione esiste e non occorre dover scegliere tra progresso e natura. Occorre mettere in atto dei programmi di protezione delle aree naturali, agroforestazione e gestione sostenibile del territorio. In questo modo è possibile preservare la biodiversità senza rinunciare allo sviluppo.


