Rd Congo – Ramazani Shadary, l’erede di Kabila

di Enrico Casale
Emmanuel Ramazani Shadary

di Roberto Morel

Un regno lungo quasi diciotto anni sta volgendo al termine. Joseph Kabila Kabange, presidente della Rd Congo, non correrà per un terzo mandato alle elezioni del 23 dicembre 2018.  In questi lunghi mesi di preparazione alla data elettorale, la nebbia sul candidato presidenziale ha continuato ad aleggiare in seno al Partito del popolo per la ricostruzione e la democrazia (Pprd). Il silenzio di Kabila è stato a più riprese interpretato come volontà di restare al potere sfidando le regole e seguendo l’esempio di illustri colleghi – seppur in modalità diverse – nella regione dei Grandi Laghi. Basti pensare a Kagame in Ruanda o a Nkurunziza in Burundi.
Il coup de théâtre arriva l’8 agosto, a pochi giorni dalla scadenza per la deposizione delle candidature fissata dalla Ceni, la Commissione elettorale nazionale indipendente. Alla Télévision Nationale Congolaise il portavoce del governo, Lambert Mende, annuncia che il candidato unico per il Fronte comune per il Congo (Fcc) – sigla che racchiude il Pprd ed altri partiti a sostegno dell’attuale maggioranza – sarà Emmanuel Ramazani Shadary.

«Monsieur coup sur coup»
Ramazani Shadary è un uomo tanto potente e conosciuto nelle gerarchie del potere di Kinshasa quanto relativamente ignoto all’estero e nel Congo profondo. Originario di Kabambare, nella provincia orientale del Maniema, Ramazani Shadary ha 58 anni, 8 figli e una carriera all’insegna della fedeltà al «clan Kabila». Completati gli studi in Scienze politiche e amministrative all’Università di Lubumbashi prima e a quella di Kinshasa poi, sale un passo alla volta i gradini del potere.
Segue l’avventura di Laurent-Désiré Kabila e del suo movimento ribelle (Afdl) fin dagli esordi. Promosso vicegovernatore del Maniema nel 1997, ne viene eletto governatore nel 1998. Atterra a Kinshasa agli inizi del nuovo millennio dopo la salita al potere di Joseph Kabila nel 2001. Partecipa l’anno seguente alla fondazione del Pprd e da qui parte la sua lenta ma costante scalata. Nel 2005 lo troviamo segretario nazionale del partito, alle prese con la campagna elettorale. Nel 2006 e nel 2011 viene eletto all’Assemblea nazionale, in seno alla quale assume incarichi sempre più rilevanti. Al primo mandato è vicepresidente della commissione politica e giuridica; durante il secondo compie il salto di qualità definitivo: presidente del gruppo parlamentare del Pprd. Esperto conoscitore delle istituzioni e dei corridoi di Kinshasa, fedelissimo del presidente, il 19 dicembre 2016 viene nominato vice primo ministro e ministro dell’Interno. È nell’esercizio di queste funzioni che si guadagna l’appellativo di «Monsieur coup sur coup». Suoi, infatti, gli ordini di reprimere con tutti i mezzi, «colpo su colpo», le manifestazioni di piazza anti-Kabila a Kinshasa e la ribellione Kamwina Nsapu nel Kasai. A causa delle violenze perpetrate, la Ue gli nega il visto e impone il congelamento dei suoi beni in Europa.

Un burocrate al potere
Diversi fattori hanno portato Kabila a puntare le sue fiches su Shadary. In primo luogo, la fedeltà ventennale al suo clan garantisce al capo dello Stato in carica il riparo da possibili ripercussioni sul piano politico ed economico una volta dismesse le vesti presidenziali. Poi, certamente la profonda conoscenza dei poteri forti di Kinshasa – ivi inclusi i settori chiave della polizia e dell’esercito – dovuta alla sua lunga esperienza istituzionale. In terzo luogo, l’origine geografica. Figlio swahilofono del Maniema profondo, Shadary dovrebbe intercettare, nelle intenzioni dell’Fcc, la maggioranza dei voti dell’Est, che costituisce ben il 60% del corpo elettorale congolese, mentre Kinshasa e l’Ovest sono tradizionalmente più legati all’opposizione.
La sua candidatura porta con sé parecchi interrogativi, sia all’interno dell’Fcc sia nelle file dell’opposizione. Dal punto di vista del partito, sarà importante capire la reazione dei grossi papaveri del Pprd come Aubin Minaku – attuale presidente dell’Assemblea nazionale – o l’ex primo ministro Matata Ponyo Mapon, entrambi ex papabili per l’investitura. Garantiranno il loro pieno appoggio a Shadary?
Ora che l’Fcc ha svelato le sue carte, sapranno e vorranno le opposizioni di Vital Kamerhe, Félix Tchisekedi, Jean-Pierre Bemba e altri serrare le fila e presentarsi dietro a un nome unico per incrementare le chance di vittoria? Certo questo scenario pare molto improbabile, a oggi, ma la politica congolese è da sempre una ricca fornace di sorprese.

 

 

Chi è Joseph Kabila
Salito al potere nel gennaio 2001 all’età di 29 anni in seguito all’assassinio del padre Laurent-Désiré, Kabila viene rieletto alla guida del gigante africano nel 2006 e nel 2011. Elezioni marcate da violente contestazioni e accuse di brogli elettorali da parte della società civile e dell’opposizione.
La Costituzione, non prevedendo un terzo mandato, non consentiva al presidente di ripresentarsi nel 2016. Nonostante le regole, la presunta volontà di Kabila di ricandidarsi – mai sbandierata ma evidente ai più attenti osservatori di Kinshasa e alla popolazione congolese – ha fatto sì che le elezioni venissero rinviate a più riprese, non senza la reazione di settori della società civile, Chiesa compresa, sfociata in sanguinosi scontri di piazza che hanno lasciato sul terreno decine di morti.
Dopo un periodo di tesa transizione politica, un accordo del novembre 2017 tra maggioranza e opposizione ha fissato la data dell’appuntamento elettorale al 23 dicembre 2018. (R. Morel)

Il superfavorito
L’ultimo a essere eliminato è stato Jean-Pierre Bemba. Il 24 agosto la Commissione elettorale lo ha dichiarato non eleggibile perché sotto procedimento. Bemba è infatti sotto processo all’Aia per crimini di guerra commessi nella Repubblica Centrafricana, ma in patria è un potenziale serio concorrente di Ramazani Shadary. Con la sua uscita di scena, il candidato del partito di Joseph Kabila ha indubbiamente più chances. Tanto più se si tiene conto che la Commissione elettorale ha eliminato anche Moïse Katumbi, ex governatore italo-congolese del Katanga, perché la Costituzione dà per ineleggibile chi abbia doppia nazionalità. Katumbi non è più italiano, ma lo era al momento dell’iscrizione. Inoltre, secondo alcune interpretazioni i candidati devono essere congolesi “Doc” al cento per cento. Se si tiene conto, ancora, che il vecchio oppositore Étienne Tchisekedi è deceduto, si comprende come Ramazani Shadary abbia la strada spianata.

Raffaele Masto

 

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