Quei cesti che valgono una fortuna

di claudia

Non solo cacao, oro e petrolio. Il governo del Ghana punta su un’attività artigianale tutta al femminile. A Bolgatanga, nel nord del Ghana, migliaia di donne si dedicano ogni giorno a intrecciare steli d’erba per confezionare cesti e cappelli, esportati in tutto il mondo. La concorrenza asiatica è dura. Ma loro sono determinate a restare al passo coi tempi

di Jacopo Lentini – foto di Evans Ahorsu

Tutto pare essere iniziato con una ribellione. Si racconta che un uomo, stanco di lavorare durante la stagione del raccolto, si fermò sulla riva del fiume a intrecciare steli d’erba per farne nidi per gli uccelli. Col tempo divenne esperto e si mise a intrecciare anche cappelli e cestini. Alla gente l’idea piacque e si diffuse la produzione di oggetti diversi da vendere al mercato.

Oggi Bolgatanga, capoluogo della Regione Nordorientale del Ghana, a pochi passi dal Burkina Faso, è la capitale dei cesti. I suoi manufatti artigianali, esportati in tutto il mondo, sorreggono l’economia di migliaia di famiglie in una regione arida e pochissimo industrializzata. E il settore è in mano alle donne.

Settore cruciale

«Ho imparato da bambina, per aiutare la mia famiglia», racconta Ayinsungya Ayinbuno, una delle oltre diecimila donne della zona dedite a questa attività. Va al mercato locale due volte la settimana, ma i guadagni non sono, spesso, quelli sperati. «I prezzi li fanno i bela-bela, i commercianti che riforniscono i clienti internazionali». Un cesto è pagato in media 10 cedi (1,50 euro) e richiede almeno un giorno intero di lavoro. Senza contare il costo della materia prima. Per l’intreccio, infatti, si utilizzano alcune  varietà di piante erbacee lunghe, come “l’erba di Guinea”, “l’erba d’elefante” e il “vetiver”, che crescono nella zona di Kumasi, nel centro del Ghana, e i costi del trasporto verso nord incidono. «Nel distretto di Bolgatanga ci sono altre varietà d’erba, ma sono troppo corte. Noi, per migliorare le condizioni lavorative delle artigiane, organizziamo le donne in comunità di lavoro, forniamo loro la materia prima e le paghiamo regolarmente», spiega Adombila Adugbire, responsabile della fondazione Nongre Craft and Culture, che supporta quest’industria femminile attraverso un modello cooperativo. «In molte comunità circostanti l’unica occupazione è l’intreccio. Il lavoro di gruppo ha dato nuove prospettive sociali alle donne e ne ha generalmente migliorato la condizione economica, consentendo a molte di far studiare i figli». Secondo Paul Akurugu, direttore di Paku, impresa esportatrice di artigianato locale, «l’industria dei cesti compete con quella del cacao per creazione di posti di lavoro. È il principale settore che può ridurre la povertà e frenare l’esodo rurale dei giovani».

Cooperazione indiana

L’artigianato di Bolgatanga ha raggiunto il picco di esportazioni nel 2001, con un valore di oltre 4,5 milioni di dollari. Ma già nel 2004 ha conosciuto un crollo a 225.000 dollari, causato dalla forte concorrenza del Vietnam, che ha copiato con successo il design e la qualità ghanesi. Dopo anni di stagnazione, quest’industria ha ritrovato nuova linfa anche grazie all’Iniziativa per il design artigianale, nata nel 2011 in occasione del secondo Forum India-Africa, tenutosi in Etiopia. Il progetto prevedeva il sostegno dell’artigianato tradizionale delle zone rurali di cinque Paesi africani (Ghana, Etiopia, Zimbabwe, Malawi, Zambia), con particolare attenzione alla componente femminile. Nel 2013, un team dell’Istituto nazionale di design di Ahmedabad (India) si è recato nel nord del Ghana per sviluppare nuovi design insieme alle artigiane locali, migliorare la qualità dei prodotti e promuovere un’economia locale sostenibile. Oggi, grazie a questi interventi, i cesti di Bolbatanga generano un profitto di quasi un milione di dollari l’anno. Il Ghana punta a raddoppiare le esportazioni del settore artigianale.

Le autorità locali stanno cercando di supportare l’industria dei cesti, regolandone le paghe e provando a coltivare nel nord le “piante da intreccio”, ma rimane molto altro da fare. «Lavoriamo quasi sempre per terra, non abbiamo tavoli, luce e spazi adeguati. È difficile e faticoso produrre più velocemente», si lamenta Asugle Dorcas, un’altra artigiana. L’apertura ai mercati tradizionali rappresenta una sfida impegnativa, ma anche uno stimolo a investire nel settore e un’opportunità di sviluppo che le donne di Bolbatanga non intendono farsi sfuggire.

Questo articolo è uscito sul numero 5/2021 della Rivista. Per acquistare una copia, clicca qui, o visita l’e-shop

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