Quando Maradona difese i giovani calciatori africani

di Enrico Casale
Diego Armando Maradona
Camerun-Argentina 1-0, partita giocata nello stadio di San Siro a Milano. Il pubblico, in gran parte di fede milanista, fischiò Diego Armando Maradona, allora campione del Napoli del presidente Ferlaino

«C’è una mafia che sradica decine di ragazzi africani per portarli a giocare in Europa. Molti giovani si lasciano tentare perché vivono in condizioni difficili». La denuncia arrivò come un fulmine a ciel sereno.

Diego Armando Maradona, morto oggi a 60 anni, era un campionissimo, ma anche un figlio delle villas miserias, le sterminate periferie poverissime di Buenos Aires. Era un fuoriclasse del calcio, aveva vinto tutto nel mondo del calcio, ma non aveva dimenticato le sue origini e il dramma vissuto da decine di suoi amici e compagni.

Per questo, nel 2018, nel corso della trasmissione La mano del Diez, pronunciò parole durissime contro il traffico dei giovani giocatori africani, ma anche dei giovani figli degli emigrati che vivono ai margini delle grandi città europee. «Tre delle quattro nazionali semifinaliste ai Mondiali sono in gran parte composte da figli d’immigrati e gente delle ex colonie – disse -. Il 70% della Francia è composto da immigrati. Inghilterra e Belgio hanno percentuali quasi analoghe».

Secondo il campione, che giocò e vinse con la maglia azzurra del Napoli, «questo è un fattore normale» perché sono ragazzi «che spesso vivono in condizioni di svantaggio» e quindi sono attratti dall’avere «quattro pasti al giorno e l’opportunità di mettersi alla prova».

«Il traffico di calciatori – disse ancora Maradona – è una cosa terribile e ha raggiunto livelli incredibili, anche nelle grandi federazioni. È ora di smetterla».

Per questo anche l’Africa oggi piange El pibe de oro.

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