Mali: crescente insicurezza a Menaka, migliaia gli sfollati

di claudia
soldati maliani

Migliaia di persone sono state costrette a fuggire dalle loro case e molti civili sono stati uccisi a causa dell’intensificarsi dei combattimenti tra lo Stato Islamico nel Grande Sahara (Eigs) e le forze armate maliane e i gruppi armati che le sostengono, in un’escalation del conflitto nel nord del Mali.

A puntare i riflettori sulla drammatica situazione è Amnesty International in una nota pubblicata ieri nella quale viene ricordato che l’Eigs e altri due gruppi armati che hanno firmato l’accordo di pace del 2015, il Movimento per la salvezza dell’Azawad (Msa) e il Gruppo di autodifesa tuareg Imghad e alleato (Gatia), combattono nella regione di Ménaka dal marzo 2022.

L’organizzazione di difesa dei diritti umani riferisce che l’Eigs ha effettuato attacchi ai villaggi, “uccidendo deliberatamente i civili e privandoli dei loro mezzi di sostentamento. Atti che costituiscono crimini di guerra. Da allora, il numero di sfollati nella città di Ménaka è aumentato notevolmente, facendo precipitare la regione in una situazione umanitaria drammatica”.

“Nella regione di Ménaka, migliaia di persone stanno fuggendo dalle loro case perché l’Eigs prende deliberatamente di mira i civili, distrugge case e punti d’acqua e confisca il bestiame. Lo Stato Islamico deve smettere di commettere questi crimini di guerra e tutte le parti in conflitto devono rispettare il diritto umanitario internazionale, anche proteggendo la popolazione civile” ha detto Samira Daoud, direttore regionale di Amnesty International per l’Africa occidentale e centrale.

L’organizzazione ha raccolto le testimonianze di 15 persone che attualmente vivono a Ménaka, tra cui sfollati interni, famiglie che li ospitano, attivisti della società civile e operatori umanitari.

“Le persone si sono riversate a Ménaka ininterrottamente da marzo. Molti dei miei parenti sono arrivati da Anchawadi, ma più di 70 persone del mio villaggio sono scomparse dopo gli attacchi dell’Eigs. Hanno distrutto case e altri edifici per cacciarci da Inékar e Émis-Émis. Controllano i pozzi e i punti d’acqua e prendono il bestiame a loro piacimento”, ha dettoun uomo fuggito da Anchawadi..

Amnesty ricorda che secondo il diritto internazionale umanitario, tutte le parti coinvolte in un conflitto armato devono distinguere sistematicamente tra civili e combattenti e hanno il divieto di effettuare attacchi contro la popolazione civile o gli oggetti indispensabili alla sua sopravvivenza.

“Ci sono stati attacchi in cui i civili sono stati uccisi e le proprietà distrutte. Molti abitanti sono tornati nella città di Ménaka, mentre altri sono ancora dispersi nel deserto o cercano rifugio più a nord. L’assistenza umanitaria agli sfollati è insufficiente. È stato così fin dai primi attacchi di marzo. Non tutti gli sfollati ne stanno beneficiando”, ha detto ad Amensty un membro di un’organizzazione della società civile della città di Ménaka.

Le persone intervistate da Amnesty hanno infatti raccontato che gli abitanti dei villaggi costretti a fuggire hanno perso quasi tutto e si trovano ad affrontare una “grave mancanza di aiuti umanitari”, con organizzazioni come il Programma alimentare mondiale (Pam) che devono far fronte a un numero crescente di sfollati.

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