L’orfanotrofio degli scimpanzé

di claudia
scimpanzè

In Guinea, il Centro di Conservazione per Scimpanzé aiuta i cuccioli rimasti soli a ritrovare la libertà. A centinaia ogni anno vengono catturati dai bracconieri per essere venduti come animali da compagnia. Un commercio illegale e redditizio che minaccia la specie di estinzione. La Guinea è uno snodo cruciale per i trafficanti, ma è anche sede di uno straordinario centro che si prende cura dei cuccioli orfani o feriti, restituendo loro la libertà

di Federica Daldon

Mai come in questi mesi gli animali selvatici dell’Africa sono stati minacciati da bracconieri e trafficanti. Colpa della pandemia. La chiusura delle frontiere e la scomparsa dei visitatori hanno sottratto a parchi e riserve le risorse necessarie per proteggere la fauna e salvaguardare l’habitat. Molte oasi naturali hanno dovuto tagliare ranger e guardie ecologiche, lasciando ampio spazio di manovra ai cacciatori di frodo. Tra le vittime più colpite ci sono gli scimpanzé comuni (Pan troglodytes), primati della famiglia degli ominidi, a forte rischio di estinzione. Nel cuore del Parco Nazionale dell’Alto Niger si trova il Centre de Conservation pour Chimpanzés, un centro di recupero per cuccioli orfani di scimpanzé vittime del bracconaggio.
Il Centro, fondato nel 1997, si trova in una località remota della foresta guineana, sulle sponde del fiume Niger, uno dei corsi d’acqua principali dell’intero continente. Per questa specie, il commercio illegale di animali selvatici rappresenta la minaccia maggiore. Si tratta di un business molto redditizio e ancora molto attivo nonostante le molte azioni messe in atto dai vari governi. I cuccioli sono catturati per essere venduti come animali da compagnia, mentre i componenti adulti della loro famiglia vengono uccisi per alimentare il mercato della bushmeat (la carne di selvaggina).

Il Centro di Conservazione per Scimpanzé è una struttura che opera per reinserire in natura gli scimpanzé strappati ai bracconieri e ai commercianti. E contribuire così alla conservazione di una specie che compare nel Libro Rosso degli animali in pericolo di estinzione

Strage paurosa
Secondo la legge guineana, la caccia, la vendita, l’acquisto e il trasporto di scimpanzé, come anche il consumo della loro carne, sono vietati dalla legge. Un’inchiesta del reporter svizzero Karl Amman ha però individuato nella Guinea un Paese chiave nell’esportazione illegale di questi animali: negli ultimi dieci anni sono stati esportati centinaia di cuccioli, svelando così uno strutturato sistema di corruzione che coinvolge veterinari locali, ufficiali doganali e personale aeroportuale.
Una forte domanda di questi animali proviene dai Paesi del Medio Oriente e dalla Cina, dove un cucciolo sul mercato nero ha un valore di circa 30.000 dollari.
Ad oggi questa specie si trova elencata nell’Appendice I della Convenzione di Washington, che ne vieta il possesso e il commercio. Gli scimpanzé rientrano inoltre nella Lista Rossa dell’International Union for Conservation of Nature come specie a grave rischio d’estinzione. La loro popolazione sta diminuendo a un ritmo allarmante ed è stato stimato che per ogni cucciolo catturato vengano uccisi almeno dieci componenti del suo gruppo nel tentativo di difendere il piccolo.

Sono gli animali più simili a noi, come ci ha insegnato la primatologa Jane Goodall che ha dedicato la sua vita a conoscere e a proteggere gli scimpanzé

Così simili all’uomo
Allo stato naturale gli scimpanzé vivono nelle foreste equatoriali dell’Africa centro-occidentale in gruppi numerosi all’interno dei quali creano complesse relazioni sociali. Fabbricano e utilizzano utensili (come i rametti che inseriscono nei termitai per catturare gli insetti, oppure le pietre che tirano ai predatori), caratteristica che fino a pochi anni fa era attribuita alla sola specie umana. Insieme ai bonobo, appartengono a un ramo evolutivo collaterale alla specie umana, condividendo con essa un antenato comune di circa 5 milioni di anni fa. Il Dna dello scimpanzé infatti corrisponde per il 98,4% al Dna umano ed è incredibile vedere nelle foto pubblicate in queste pagine quanto loro assomigliano a noi, o quanto noi assomigliamo a loro. A questi animali manca solo la parola, ma per la verità non ne hanno bisogno: con le loro grida e la mimica facciale comunicano alla perfezione e si fanno capire anche dagli uomini.
Gli studi di Jane Goodall in Tanzania hanno dimostrato l’esistenza di una vera e propria cultura nelle comunità di scimpanzé, analoga a quella dei primi appartenenti ai generi Homo e Australopithecus. Insomma sono essere dotati di spiccata intelligenza ed estremamente socievoli: qualità che li rendono estremamente ricercati come “animali domestici”. Per questo sono minacciati.

Scuola di vita
Gli scimpanzé sono molto longevi (vivono anche più di cinquant’anni) ma, sottratti all’ambiente naturale – costretti a vivere in spazi angusti, anonimi, spesso da soli – sono condannati alla tristezza e alla depressione. Molti dei cuccioli al loro arrivo al Centro di Conservazione per Scimpanzé soffrono di malnutrizione, problemi fisici, traumi psicologici dovuti alla cattività e alla cattura, durante la quale sono stati bruscamente strappati dalla foresta assistendo all’uccisione di molti membri della loro famiglia. Ogni cucciolo viene affidato ad una “mamma adottiva”, ruolo svolto da un volontario o dal personale locale, che per i primi tre mesi si occupa di lui giorno e notte non lasciandolo mai solo. È dando loro amore e tutte le attenzioni di cui hanno bisogno che si affronta questa delicata fase del processo di recupero, il primo passo verso la conquista dell’indipendenza.
Accompagnati quotidianamente nella foresta, i cuccioli frequentano quella che si potrebbe definire una “scuola di vita”. Imparano ad arrampicarsi sugli alberi, a cercare il cibo in autonomia e ad interagire correttamente fra di loro, un processo di riabilitazione molto lungo che può superare i dieci anni. Essendo il reinserimento in natura il fine ultimo dell’associazione, questi animali vengono successivamente inseriti in gruppi di conspecifici finché non sono pronti per il loro eventuale, se possibile, ritorno alla foresta.

Un po’ biologo e un po’ veterinario, un po’ pediatra e un po’ psicologo, chi si prende cura degli scimpanzé nel centro di riabilitazione si comporta come un fratello maggiore

Ritorno in libertà
Il Centro ospita attualmente 64 scimpanzé sequestrati dalle autorità guineane e segue quotidianamente attraverso un sistema di telemetria radio un gruppo di 17 individui dotati di radiocollare, rilasciati all’interno della zona a riserva integrale del Parco.
Il Centro guineano con questo programma di rilascio è uno dei due soli progetti presenti in Africa, assieme all’associazione Help Congo, ad aver riabilitato e reinserito in natura con successo esemplari questa specie. La presenza del Centro all’interno del Parco risulta inoltre essere un importante disincentivo al bracconaggio, salvaguardando cosi le popolazioni di scimpanzé selvatiche e molte altre specie della fauna africana.
I volontari, con competenze diverse, aiutano lo staff locale nelle mansioni quotidiane: cura dei giovani scimpanzé, manutenzione delle strutture e supporto nei programmi di sensibilizzazione e di educazione ambientale indirizzati alla popolazione locale, con progetti appositi indirizzati alle scuole dei villaggi situati ai confini del Parco.
L’équipe del Centro rappresenta la loro famiglia e i cuccioli nella loro esuberanza sanno essere infinitamente dolci, regalando abbracci che riempiono il cuore e donando fiducia totale, si spera dimenticando il male che altri uomini hanno loro causato.
La raccolta fondi per sostenere il lavoro del Centre de Conservation pour Chimpanzés è svolta dall’organizzazione non profit Projet Primates (per aiutare: projetprimates.com).

A questi animali manca solo la parola, ma in verità non ne hanno bisogno: con le loro grida e mimica facciale comunicano alla perfezione e si fanno capire anche dagli uomini

Non solo in Guinea
In varie altre parti dell’Africa ci sono centri specializzati che si prendono cura degli esemplari confiscati a chi li deteneva illegalmente, proprio come avviene in Guinea. In Uganda, per esempio, i veterinari dello Ngamba Island Chimpanzee Sanctuary, situato su un’isola in mezzo al Lago Vittoria, curano decine di primati in pericolo di vita (vedi Africa 3/2018). Dal 1998 vi finiscono le scimmie sequestrate dalle autorità di Kampala a bracconieri e trafficanti. Alcune sono rimaste orfane, altre sono malate e necessitano di cure, altre ancora sono incapaci di vivere autonomamente in libertà poiché sono cresciute in cattività, in circhi, zoo clandestini o giardini privati. Due volte al giorno vengono sfamate con frutti e bacche (spettacolo che può essere goduto dai visitatori esterni, ngambaisland.org).
In Africa occidentale, su un arcipelago di isolotti vicino a Monrovia, gli operatori del Liberia Chimpanzees Rescue si prendono cura di una colonia di scimpanzé abbandonati dai ricercatori di un vecchio laboratorio nei pressi della costa (liberiachimpanzeerescue.org). E nella confinante Sierra Leone, non lontano dalla capitale Freetown, il Tacugama Chimp Sanctuary offre ai visitatori l’opportunità di dormire in mezzo alla foresta nelle immediate vicinanze degli scimpanzé che saltano tra gli alberi, aiutando gli operatori a sfamare i cuccioli, due volte al giorno con frutti e bacche (tacugama.com).

Foto di Federica Daldon

Questo articolo è uscito sul numero 5/2021 della Rivista Africa. Per acquistare una copia clicca qui, o visita l’e-shop

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