La stilista-attivista del Sudafrica

di Marco Trovato

Sindiso Khumalo, 41 anni, nuova stella africana delle passerelle, è promotrice di una moda “sostenibile” (sotto il profilo ambientale e sociale) e “impegnata” (diffonde consapevolezza e fa denuncia sociale) che punta a rivoluzionare il modo di produrre i vestiti.

di Claudia Volonterio

Sindiso Khumalo è la stilista e attivista sudafricana che ha conquistato le passerelle e i riflettori del mondo della moda. Nata nel 1980 in Botswana, ma cresciuta a Durban, in Sudafrica, oggi vive a Capetown. All’età di dieci anni la madre le regala una macchina da cucire, assecondando la sua passione, che prende forma nell’età adulta. Dopo la laurea in architettura alla University of Capetown, si trasferisce a Londra e ottiene nel 2006 il Master in Design for Textile Futures al Central St Martins College of Art. Nel 2012 viene selezionata ad un concorso bandito da Elle Magazine, occasione che le offre la possibilità di debuttare con la sua collezione.

Finalista del LVMH Prize per giovani stilisti e vincitrice del Best Indipendent Designer Award, assegnato in occasione del Green Carpet Award del 2020, Khumalo è promotrice di una moda sostenibile. Il perché del suo successo è racchiuso nel suo concetto di sostenibilità. L’attenzione per l’ambiente è alla base di una produzione non intensiva, con tessuti che sono il frutto della lavorazione di materiali organici naturali. Ma non è tutto. La sostenibilità per la stilista non è solo ambientale, ma sociale. Khumalo crea abiti con un preciso intento politico: offrire spazio alla narrazione africana. Storie di donne nere, che hanno combattuto in difesa dei loro diritti, prendono forma sulla stoffa delle sue collezioni. Cambiare il modo in cui la Storia viene raccontata è, per Khumalo, il punto di partenza del cambiamento. La moda non solo come bellezza dunque, ma come occasione di empowerment. Parlando del suo lavoro, spiega: “Per me significa mettere in discussione un certo sistema della moda e poter cambiare la vita di qualcuno che non ha avuto un’opportunità”.

L’ultima collezione, presentata anche in Italia in occasione della Milano Fashion Week, si chiama “Minty” , soprannome d’infanzia di Harriet Tubman, attivista nella lotta contro la schiavitù, nata tra il 1820 e il 1825. La donna è riuscita, dopo diversi anni trascorsi come schiava nel Maryland, a conquistare la propria libertà scappando oltre il confine. Harriet è diventata un’icona per aver aiutato altri schiavi come lei a fuggire, attraverso la Underground Railroad, un percorso segreto dell’epoca. La si ricorda anche per il suo impegno a favore del Suffragio Universale.

Tra i soggetti che Sindiso Khumalo ha utilizzato nella sua collezione per rievocare la storia di Harriet ci sono le piante di cotone, disegnate sulla stoffa per dare forma ad una storia da non dimenticare. In quanto vittima di un sistema di oppressione, Harriet ha lavorato fin da bambina in una piantagione. “Spesso quando parliamo di schiavitù, astraiamo i concetti così tanto che non capiamo realmente la storia umana che c’è dietro. – Spiega Khumalo – Sono una mamma. L’idea di una bambina che raccoglie il cotone è inaccettabile per me”.

Un altro soggetto della collezione che richiama la storia di Harriet è il Philadelphia Fleabeane, un fiore simbolico per lei, il primo che ha potuto vedere appena raggiunta la libertà. La collezione celebra dunque la sua vita e la sua infanzia, ponendo l’accento su una riflessione sulla quale è necessario soffermarsi. “Dobbiamo conoscere le vicende storiche e renderci conto di quanto è successo, per poter comprende il nostro presente – spiega Khumalo –  La violenza contro le donne nere esiste dai tempi di Harriet Tubman e c’è ancora con Uyinene in Sudafrica, Breonna Taylor in America e le giovani donne della Nigeria che sono rapite da Boko Haram”.

L’attenzione per i tessuti, il modo in cui vengono prodotti e l’impatto che avranno sull’ambiente sono parte di un sistema che non lascia fuori l’impegno sociale. Solo così si raggiungerà la vera sostenibilità. “Io non credo che tu possa solo comprare cotone naturale e ritenerti una designer sostenibile. Io sento di dover fare molto di più. Dobbiamo comprendere che tutto ciò non ha solo a che fare con i materiali. Riguarda le persone”, spiega la stilista.

Seguendo questo proposito Khumalo ha scelto di collaborare con una ong di Capetown, “Embrace Dignity”, che difende le donne vittime di sfruttamento sessuale. “Attualmente le stiamo istruendo nel nostro studio affinché imparino il lavoro all’uncinetto e il ricamo a mano. È un modo per offrire loro sia un posto di lavoro sicuro, senza pregiudizi, sia delle competenze che potranno riutilizzare in futuro. Tutti meritano la possibilità di un secondo capitolo”. Ogni abito acquisisce dunque un valore in più, non solo narrativo. Diventa un aiuto concreto, una possibilità. “Ci sono diversi modi per essere sostenibili. – Spiega la stilista – Quando lavoro con le sex workers che sto formando, mi assicuro che non tornino indietro e questo, per me, è parte della mio concetto di sostenibilità”.

La pandemia di Covid-19 ha travolto anche il settore della moda, non più fruibile dal vivo sulle passerelle. Sindiso Khumalo, come altri stilisti, ha mostrato la sua collezione attraverso una produzione multimediale. “Non abbiamo mai realizzato un fashion film prima. Non avevamo ragione di farlo. Non penso avremmo potuto lanciare lo stesso messaggio in una sfilata. La settimana della moda è un turbinio, tutti vanno da uno show all’altro e tu speri solo che qualcuno noti le tue proposte. Forse d’ora in poi avremmo sempre un film da far uscire con la collezione. È un modo per permettere al pubblico di andare in profondità è carpire il nostro messaggio”.

Khumalo rende i suoi abiti delle vere e proprie opere d’arte contemporanea, depositarie di un messaggio che ha la moda come nuovo linguaggio. E, per renderli tali, li impreziosisce attraverso le tecniche artistiche del collage e dell’acquarello, avvalendosi della collaborazione  dell’artista Shakil Solanki.

Attualmente Sindiso sta lavorando alla nuova collezione, ispirata ad un’altra donna, Charlotte Maxwke, la prima nera ad essersi laureata in una università americana, nel 1901. L’impegno attivista di Sindiso Khumalo è chiaro: “Se non raccontiamo le storie della nostre iconiche donne nere, poi scompariranno. È davvero importante parlare di loro e usare la moda come strumento per educare le persone sulla storia e la cultura nera. In questo modo molti di noi saranno parte del cambiamento”.

(Claudia Volonterio)

Condividi

Altre letture correlate: