La Liberia, il Laos e quella truffa ai giovani calciatori

di Enrico Casale

Champasak UnitedIl calcio può diventare sfruttamento? Il pallone può rasentare la schiavitù? L’inchiesta pubblicata ieri dalla Bbc apre uno squarcio drammatico su uno sport trasformato in un inferno di vessazioni e violenze su giovani il cui unico sogno era di poter correre felici dietro un pallone.

La vicenda inizia a febbraio quando il club Champasak United, con sede a Pakse, nel Laos meridionale, fa arrivare 23 ragazzini dalla Liberia con la promessa di farli allenare in un’accademia di calcio. I dirigenti del team fanno firmare ai giovani un contratto che include stipendio, vitto e alloggio. Una volta arrivati nel Paese del Sud-Est asiatico la situazione però è diversa da quella prospettata: niente stipendio, per dormire un giaciglio a terra negli spogliatoi dello stadio, pasti scarsi, igiene inesistente. Secondo l‘inchiesta della Bbc, il Champasak United avrebbe messo in piedi questo traffico di esseri umani per lucrare sulle vendite future dei giovani giocatori. La squadra ha negato irregolarità, ma la Fifa, che proibisce i trasferimenti all’estero ai giocatori minorenni, sta raccogliendo informazioni.

La Bbc ha raccolto varie testimonianze. Tra queste quella di Kesselly Kamara, un quattordicenne che ora è tornato in Liberia. Kamara è partito per il Laos dietro invito del giocatore liberiano Alex Karmo, che a quel tempo presiedeva il club asiatico. Il giovane ha accettato l’offerta e, come i suoi compagni, ha firmato un contratto della durata di sei anni. L’accademia laotiana era però fittizia, senza alcun riconoscimento giuridico. Ciò faceva sì che i giovani africani, Kamara compreso, non avessero neppure il diritto al permesso di soggiorno e quindi non avessero la possibilità di restare in Laos. I loro passaporti erano stati requisiti al momento dell’arrivo.
Le pressioni della Fifa hanno fatto in modo che Kamara e 16 compagni venissero liberati tre mesi fa. Ma altri sei sono ancora a Pakse.

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