Il presidente del Sud Sudan Kiir: “la sicurezza è chiave dello sviluppo”

di claudia

Il presidente del Sud Sudan Salva Kiir ha affermato che la sicurezza del Paese è alla base dello sviluppo e per questo intende adottare “misure profonde” per affrontare l’aumento del banditismo e delle attività criminali in tutto il Sud Sudan. Lo ha annunciato lunedì parlando durante la sessione di apertura del Parlamento ricostituito, secondo i media locali.

Porre fine all’insicurezza nel nostro Paese è una chiave per il nostro progresso, sappiamo tutti che l’insicurezza può minare la pace e creare il caos che impedisce un vero dibattito sul futuro della nazione”, ha detto Kiir invitando il gabinetto dei ministri, i leader della comunità e i membri della società civile a lavorare insieme per trovare soluzioni durature al problema dell’insicurezza nel Paese. “Se non risolviamo i problemi di insicurezza e il Sud Sudan non sarà pacifico, la nostra economia non crescerà e la nostra gente rimarrà sottosviluppata”, ha affermato.

Il nuovo parlamento del Sud Sudan è stato inaugurato lunedì dal presidente Salva Kiir. Lo stesso giorno era prevista una manifestazione a Juba che, annunciata da una decina di organizzazioni per protestare contro il presidente e il vicepresidente Riek Machar, non si è alla fine svolta.

Come riferisce la stampa locale, Kiir nel suo discorso di inaugurazione del nuovo parlamento ha invitato i parlamentari ad accelerare l’attuazione dell’accordo del 2018 aggiungendo che “il nostro mandato finale è quello di organizzare elezioni democratiche libere, eque e credibili”, ha detto ai 550 parlamentari, appena nominati dai vari firmatari dell’accordo di pace. Salva Kiir ha anche chiesto loro di mettere i bisogni del popolo al di sopra delle considerazioni di parte. Punti importanti dell’accordo sono ancora in sospeso secondo il presidente, tra cui la creazione di un esercito unificato e una nuova Costituzione che aprirebbe la strada alle elezioni nel 2023.

Il discorso del capo dello Stato arriva in un momento in cui la popolazione è sempre più frustrata dalla “mancanza di progresso”. Una parte della società civile chiede apertamente le sue dimissioni e quelle del suo vicepresidente Riek Machar, con il quale le relazioni minacciano la stabilità del Paese. Una manifestazione contro il regime doveva essere tenersi lunedì nella capitale Juba. Non ha però avuto luogo, perché – secondo gli attivisti – il governo ha vietato tutti i raduni, tagliato internet e schierato forze di sicurezza a Juba. Secondo alcuni attivisti questo sarebbe un segno che le autorità temono una rivolta.

Gli iniziatori della protesta accusano il presidente e il suo vicepresidente di continue rivalità, anche sfociate in conflitto, e di essere incapaci di allinearsi per il bene del Paese, preferendo privilegiare i propri interessi personali. Proprio domenica sera – riferisce Radio France Internationale – Riek Machar ha smentito di aver raggiunto un accordo con Kiir a proposito della riunificazione delle forze armate, questione sulla quale non si riesce a trovare un’intesa dal cessate il fuoco firmato nel 2018. A dieci anni dalla sua indipendenza, il Sud Sudan è uno dei Paesi più poveri del pianeta. L’82% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà secondo la Banca Mondiale, nonostante le riserve di petrolio e gli aiuti della comunità internazionale.

La Coalizione popolare per l’azione civile (Pcca), tra gli iniziatori della protesta, aveva informato Paul Mayom Akec, ministro degli Interni, che i sud sudanesi sarebbero scesi in piazza a fine agosto per chiedere la fine del governo del presidente Salva Kiir Mayardit, esortando il ministro a fornire protezione come richiesto dalla costituzione provvisoria del Paese. Tuttavia – secondo quanto rilanciato dai media nazionali – il generale Justin aveva affermato che la richiesta era stata respinta dalle autorità di polizia, invitando i cittadini a non partecipare alla manifestazione, sostenendo che l’organizzazione non era stata riconosciuta dal governo e quindi considerata illegale. “La richiesta è stata scritta in modo molto pericoloso. Il livello di rischio è davvero alto perché chiedono manifestazioni a livello nazionale”, aveva affermato il maggiore generale Daniel Justin al Talk of Juba di Juba.

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