Al via lo sgombero a Idomeni. Nei campi sulle isole, la sofferenza dei migranti continua

di Enrico Casale
Spiaggia di Chios
Scritta su un muro in un campo profughi di Chios in Grecia

Scritta su un muro in un campo profughi di Chios in Grecia

«Qui la situazione sta diventando sempre più difficile. I migranti sono esasperati. Non capiscono quale sarà il loro futuro. C’è una situazione di stallo in cui nessuno sembra fare nulla per loro». A parlare sono Sarah e Marta, un’infermiera e un medico italiane che stanno trascorrendo un periodo di volontariato per conto dell’associazione Rainbow for Africa (in collaborazione con Waha) a Chios, una grande isola greca al largo della città turca di Smirne.

Le loro parole arrivano proprio mentre Atene ha avviato lo sgombero del campo di Idomeni, il più grande del Paese, situato al confine con la Macedonia e che ospita 8.400 persone. Il Governo e gli agenti di polizia hanno comunicato che il trasferimento dei migranti durerà alcuni giorni perché saranno ridislocati gradualmente verso campi organizzati e allestiti appositamente.

E mentre i migranti a Idomeni vengono trasferiti, quelli dell’isola di Chios vivono nell’incertezza. Proprio per protestare contro un futuro incerto, una trentina di loro, tra cui donne e minori, da una settimana porta avanti uno sciopero della fame. «La privazione del cibo – racconta Sarah – provoca frequenti malori associate a crisi ipoglicemiche. Alcuni sono stati colti anche da crisi di panico. Li abbiamo convinti a bere i sali minerali per idratarsi, ma così non si può andare avanti…».

Campo profughi a Chios in Grecia

Campo profughi a Chios in Grecia

A Chios ci sono tre campi: quello di Depete, il peggiore, dove i migranti sono alloggiati in tende; quello di Souda, gestito dall’Acnur; e quello di Vial, gestito dall’autorità militare greca e nel quale i migranti sostengono il colloquio per produrre eventualmente i documenti per andare ad Atene e per portare avanti le pratiche per le richieste di asilo. «Non posso dire con precisione quante persone ci siano nei campi – continua Sarah – ma, da quanto si dice, approssimativamente dovrebbero essere intorno a tremila. A Vial ci sono soprattutto afghani. A Souda ci sono in prevalenza siriani, ma anche, sebbene in numero decisamente inferiore, palestinesi, libanesi, iracheni, eritrei, etiopi, marocchini, nigeriani, sudanesi».

In maggioranza sono giovani, anche minorenni. Mentre sono pochi gli anziani. «Le condizioni fisiche – osserva Sarah – non sono male. I ragazzi stanno bene, vengono nutriti tre volte al giorno. Certo il cibo è ripetitivo e difficilmente (se non le donne gravide o in allattamento, i cardiopatici o diabetici, i minori non accompagnati e i casi gravi di malnutrizione) hanno la possibilità di avere carne o pesce se non se lo comprano da soli in città, ma è comunque sufficiente per le loro esigenze e viene fornito regolarmente tre volte al giorno».

disegno dei rifugiati sull'isola di chios

Disegno dei rifugiati sull’isola di Chios

Ciò che preoccupa sono invece le condizioni psicologiche dei migranti. Si tratta di persone fuggite da guerre devstanti come quelle in Afghanistan, Iraq e Siria. Spesso hanno visto morire i loro famigliari e i loro amici. I traumi che hanno vissuto sono molto forti. A ciò si aggiunge l’incertezza del loro destino. Loro vorrebbero proseguire il viaggio verso altri Paesi europei, soprattutto quelli dell’Europa del Nord, ma sono inchiodati in questi campi. Molti sono arrivati a marzo e non hanno più avuto la possibilità di uscire dall’isola. E, soprattutto, non è stato detto quale sarà il loro futuro: se verranno fatti tornare in Turchia o se potranno essere trasferiti nella Grecia continentale.

«È chiaro – conclude Sarah – che una situazione simile crea ansia e aggrassività. Hanno una carica così forte di disperazione che arrivano a gesti di autolesionismo. Alcuni tentano il suicidio. Non ne possono più. Il vero dramma è che tutti sembrano dimenticarsi di loro. E, se di Idomeni si parla sui media internazionali, su questi campi sparsi per le isole (non dimentichiamo quelli di Lesbo e Kos) è sceso l’oblio. E con l’oblio, la disperazione».
e.c.

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