I Paesi del Sahel alzano la voce contro Washington

di claudia

Il ministero degli Affari esteri maliano ha denunciato la decisione degli Stati uniti di imporre un deposito cauzionale da 5.000 a 10.000 dollari ai richiedenti maliani di visto B-1/B-2 e ha annunciato che il Mali applicherà il principio di reciprocità nei confronti dei richiedenti visto americani.

Lo si apprende da una dichiarazione ufficiale rilasciata sabato sera, in cui il governo maliano lamenta la “decisione unilaterale” degli Usa di introdurre, a partire dal 23 ottobre, un programma pilota che impone un deposito cauzionale ai cittadini maliani che richiedono visti d’affari o turistici. Secondo il comunicato diffuso da Bamako, questa misura, che prevede il pagamento di 5.000 o 10.000 dollari e “mina le disposizioni dell’accordo sui visti di lunga durata a ingressi multipli” concluso tra i due Paesi e in vigore dall’aprile 2005.

Il Mali “riconosce questa misura ma la deplora” e, in conformità con il principio di reciprocità, il governo “ha deciso di istituire un programma di visti identico , imponendo “le stesse condizioni e requisiti” ai cittadini americani. Non sono ancora stati resi noti dettagli sulla data di entrata in vigore del sistema maliano, né sulla sua portata. Il ministero ha ribadito che Bamako ha “sempre collaborato con gli Stati Uniti” nella lotta contro l’immigrazione clandestina, “nel rispetto della legge e della dignità umana”, ribadendo “l’impegno del governo maliano nel promuovere relazioni di cooperazione fruttuose” con Washington, basate sul “dialogo e sul rispetto reciproco”.

All’inizio di agosto, il Dipartimento di stato americano ha pubblicato una norma provvisoria che introduce un programma pilota di cauzione per il visto, concepito per scoraggiare i soggiorni che si protraggono oltre la scadenza: questo meccanismo consente ai funzionari consolari di richiedere, in determinati casi, una cauzione di 5.000, 10.000 o 15.000 dollari, a seconda del profilo del richiedente e della situazione nel suo Paese di origine. Questa misura, percepita a Bamako come unilaterale, si inserisce in un contesto di caute relazioni tra le due capitali, caratterizzate da un inasprimento della politica migratoria americana e dalla volontà del Mali di affermare la propria sovranità diplomatica.

Le tensioni tra i Paesi del Sahel e gli Stati Uniti non si fermano qui. Anche il governo del Burkina Faso ha fatto sapere di aver rifiutato la proposta dell’amministrazione Trump di accettare migranti espulsi dagli Stati Uniti.

Lo ha detto in una dichiarazione ai media locali il ministro degli Esteri, Karamoko Jean-Marie Traoré: la Casa bianca avrebbe chiesto al Paese dell’Africa occidentale se poteva accettare di ricevere, oltre ai propri cittadini, anche i non-cittadini burkinabé che vengono espulsi dagli Stati Uniti. “Questa proposta, che riteniamo indecente, è totalmente contraria al valore della dignità che fa parte dell’essenza stessa della visione del capitano Ibrahim Traoré” ha detto il ministro.

Venerdì inoltre, poche ore prima, l’ambasciata statunitense nella capitale burkinabé Ouagadougou aveva sospeso la maggior parte dei servizi di visto per i cittadini cittadini del Burkina Faso, reindirizzando le domande alla propria ambasciata nel vicino Togo. L’ambasciata non ha fornito spiegazioni per questa decisione.

Citando una nota diplomatica statunitense che accusava i cittadini del Burkina Faso di non rispettare le regole sull’uso e la durata dei visti per gli Usa, Karamoko Jean-Marie Traoré ha definito la decisione americana una possibile “tattica di pressione” e ha detto che “il Burkina Faso è una terra di dignità, non di deportazione”.

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