Caos Costa d’Avorio, scende in campo Macron

di AFRICA
Macron

Manca poco più di un mese e mezzo al primo turno delle presidenziali in Costa d’Avorio e i giochi rimangono aperti. Non solo e non tanto perché un favorito c’è e non c’è.

La guerra dei gerontocrati

Le candidature sono state depositate. Alassane Ouattara, presidente uscente, si ricandida per un terzo mandato: non poche le polemiche e le contestazioni che sono sfociate in violenza con morti, feriti e arresti. Non proprio il clima ideale per affrontare la campagna elettorale. A sfidare il 78enne Ouattara ci saranno i suoi rivali storici Henri Konan Bédié, 86 anni, e Laurent Gbagbo, 75 anni, candidato dai suoi supporter senza una sua dichiarazione in tal senso. Tutti e tre ex presidenti che rappresentano la gerontocrazia del Paese. Lo sperato e inizialmente voluto cambio generazionale non c’è stato. Sulla sfondo, tuttavia, rimane la candidature di Guillaume Soro – 48 anni – anch’essa, come quella di Gbagbo, presentata in contumacia, visto che vive in Francia per sfuggire a una condanna a 20 anni di carcere comminata da un tribunale ivoriano. Ma le cose potrebbero cambiare. L’ex potenza coloniale, la Francia, è molto preoccupata per il clima di tensione nel Paese che non accenna a diminuire, anzi sta crescendo facendo aleggiare i fantasmi del 2010, quando la crisi post presidenziali sfociò in una guerra civile con oltre 3mila morti. Uscita stremata da quel conflitto, la Costa d’Avorio negli ultimi dieci anni è stata relativamente stabile ed è cresciuta costantemente, salvo la frenata di quest’anno dovuta al coronavirus.

La deriva jihadista

Abidjan, inoltre, ha rappresentato un punto stabile al confine di una regione estremamente turbolenta, il Sahel, che non trova pace per l’imperversare delle forze jihadiste. La Francia è impegnata nel contrasto al terrorismo con 5mila uomini ma nonostante questa potenza di fuoco non riesce a venirne a capo. Il colpo di Stato in Mali ha aggravato ulteriormente lo scenario regionale. Per la Francia sarebbe una sciagura perdere una base solida e stabile come la Costa d’Avorio, Paese, tuttavia, già toccato dal terrorismo e i cui confini con Mali e Burkina Faso sono già permeabili al jihadismo. Molti osservatori, proprio per questo, attendevano i risultati della visita di Ouattara a Parigi, visita privata, segnata dall’incontro con Emmanuel Macron, che si è rivelato una bomba.

Macron-Ouattara, il faccia a faccia

Secondo le indiscrezioni riportate da Jeune Afrique, il presidente francese –  preoccupato per le tensioni socio-politiche provocate dalla terza candidatura del presidente ivoriano – durante una colazione di lavoro, il 4 settembre, avrebbe chiesto a Ouattara di rimandare le elezioni e ritirare la sua candidatura, così da permettere anche il ritiro di quella di Bédié e di Gbagbo. Secondo Macron questo scenario potrebbe facilitare l’apertura di un dialogo con i principali oppositori del presidente ivoriano con l’obiettivo di trovare un successore condiviso per arrivare al cambiamento generazionale inizialmente promesso. Ouattara, sempre secondo le indiscrezioni di Jeune Afrique, avrebbe rifiutato. Di certo l’intervento di Macron è un’esplicita e diretta – non gradita da molti – interferenza negli affari interni di un Paese sovrano. Se la notizia fosse vera – e non c’è da dubitarne vista l’autorevolezza di Jeune Afrique – rivoluzionerebbe lo scenario politico ivoriano. Il rifiuto di Ouattara, che non vuole rimanere con il cerino in mano, alla proposta di Macron potrebbe essere letto come un voler prendere tempo e verificare le intenzioni di Bédié e di Gbagbo. Oppure come una risposta di facciata più funzionale alla sua immagine interna. E poi c’è l’attivismo di Soro, molto popolare sui social in patria e anche in Francia, dove concentra la sua campagna contro la condanna in contumacia in patria, senza la presenza dei suoi avvocati. Da lui ritenuta una condanna politica.

L’ombra dei falchi

La notizia, inoltre, rivela la forte preoccupazione del presidente francese per la possibile degenerazione del clima socio-politico del Paese.  Rimane, infatti, e forte, l’incognita etnica. Il rischio è che i falchi di tutte le parti politiche facciano leva sullo scontro-confronto etnico e comunitario e questo non sarebbe un bene per la Costa d’Avorio. I segnali che ciò possa accadere ci sono tutti. Non c’è per ora un soggetto autorevole e sopra le parti che possa condurre questa mediazione. Molto dipenderà dal partito al potere, ma anche dall’opposizione. Non è ancora chiaro se questa riuscirà a trovare una composizione, uscendo anch’essa dalla confusione. L’iniziativa di Macron si inserisce proprio in questo contesto. Una Costa d’Avorio fragile e instabile non è nei piani della Francia. Probabilmente invece in quelli dei falchi sì.

(Angelo Ravasi)

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