Blinken in Rd Congo, cartellino giallo al Ruanda

di claudia
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Il capo della diplomazia statunitense, Antony Blinken, ha espresso forte preoccupazione per le notizie credibili secondo cui il Ruanda ha sostenuto l’M23. Lo ha detto ieri a Kinshasa durante una conferenza stampa organizzata insieme al vice primo ministro, ministro degli Affari esteri, Christophe Lutundula. Antony Blinken ha chiarito che la sua visita a Kinshasa e poi a Kigali doveva sostenere gli sforzi di mediazione in corso per porre fine alle violenze nell’est della Repubblica Democratica del Congo.

“Vogliamo che questa violenza nell’est del Paese finisca. Rispettiamo la sovranità della Repubblica Democratica del Congo”, ha poi affermato, insistendo: “tutti i Paesi devono rispettare l’integrità territoriale dei loro vicini”. Ha poi chiesto a ciascuna parte in questa regione di essere in grado di fermare il sostegno al gruppo armato M23 e a tutti gli altri gruppi armati non statali.

Il capo della diplomazia americana ha dialogato con il presidente della Repubblica, Felix Tshisekedi su diversi temi e oltre a quello delle tensioni tra Kinshasa e Kigali, quello dei blocchi petroliferi recentemente messi all’asta dal governo congolese, alcuni dei quali ubicati in aree sensibili e/o protette. Blinken ha annunciato la creazione di un gruppo di lavoro che esaminerà questo problema.

La Repubblica Democratica del Congo, ha detto Blinken, “ha bisogno di risorse aggiuntive, supporto e finanziamenti per fare ciò che è necessario per proteggere la foresta pluviale e le torbiere, che sono già sottoposti a un’enorme sfida indipendentemente da qualsiasi esplorazione o sfruttamento energetico”. I due Paesi intendono lavorare “insieme, molto strettamente per assicurarsi che queste risorse siano protette e che ciò che è insostituibile non venga danneggiato, ma allo stesso tempo che ci sia il supporto necessario affinché la Repubblica Democratica del Congo per svolgere il lavoro di cui ha bisogno”.

Il mese scorso il Congo ha lanciato una gara d’appalto per 30 blocchi di petrolio e gas, nonostante le proteste di gruppi ambientalisti che temono che qualsiasi esplorazione possa danneggiare la seconda foresta pluviale tropicale più grande del mondo, vaste torbiere e habitat animali protetti. 

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