Africa, la food security e le altre sfide del 2022

di claudia

Per molti capi di Stato il nuovo anno è visto come lo spartiacque per la pandemia COVID, la forte speranza di una imminente fine del flusso pandemico è diffusa a macchia d’olio a livello internazionale. Con l’ipotetica fine della pandemia però sarebbero molte le problematiche sopite ad essere riscoperte e riportate in vetta alle agende politiche delle grandi potenze globali. L’Africa in particolare è stata e sarà un grande terreno di confronto su tematiche internazionali globali per la sostenibilità ambientale quali le energie green, la digitalizzazione e soprattutto le politiche del cibo. Per quanto riguarda queste ultime, rimangono prioritarie per il continente africano le pratiche di sviluppo legate alla food security.

di Andrea Marco SilvestriCentro studi AMIStaDeS

Partendo da alcune definizioni della FAO (Food and Agricultural Organization) possiamo affermare che la food security è la possibilità da parte di una determinata popolazione di procurarsi in maniera sicura e reiterabile fonti di cibo diversificate e in linea con il proprio fabbisogno energetico. L’aspetto di food safety comporta invece la possibilità, altrettanto importante, di procurarsi cibo sano e sicuro da consumare nel tempo da un punto di vista sanitario.

In moltissimi Paesi africani una o entrambe queste caratteristiche del cibo non vengono soddisfatte a causa di conflitti, scarsità di produzione, aumento dei costi e cambiamenti climatici. La lotta per un cibo equo, sano e giusto in Africa ci riguarda direttamente a livello globale vista la sua correlazione con lo scoppio di violenze e crisi locali che si traducono spesso in flussi di sfollati e rifugiati climatici disseminati anche sul continente europeo.

Il problema è serio e le reazioni sono spesso troppo lente sia in Africa che in Occidente.

Uno sviluppo frammentario

Le agende di sviluppo dettate dalle grandi organizzazioni internazionali propongono all’Africa prospettive e promesse importanti ed appetibili da più di tre decenni senza mai riuscire a giungere a conclusioni o soluzioni definitive. Le motivazioni di questi ripetuti fallimenti sono assolutamente complesse e multifattoriali, ma fra le principali possiamo riconoscere almeno le seguenti tre e risiedono nella corruzione, in un’identificazione inadeguata dei bisogni e nelle criticità delle iniziative di sviluppo. La corruzione politica presente nella maggior parte degli Stati beneficiari non permette quasi mai una totale sicurezza sull’implementazione dei progetti proposti e una affidabilità contabile sulle linee di budget dispiegate. Le intenzioni sono dunque spesso buone ma di difficile attuazione logistica.

Anche le analisi dei bisogni, spesso frettolose e parziali, portano gli Stati donatori a impiegare risorse ed energie in programmi e progetti carissimi che talvolta non vengono apprezzati o compresi dalle popolazioni che dovrebbero fruirne, questo accade perché la domanda non incontra l’offerta fatta. Ne sono testimoni alcuni dei grandi programmi di rimboschimento della fascia saheliana, spesso fallimentari a causa di una mancata accettazione del problema desertico a livello locale.

In fine, le aspettative non conformi alla realtà di alcuni processi di sviluppo causano di fatto un atteggiamento top-down da parte di molti Paesi donatori, inasprendo ulteriormente attriti pregressi fra Stati africani ed ex potenze coloniali, spesso ancora percepite come tali a livello culturale.

fame

Il paradosso della sostenibilità

In un’epoca reduce dalla più grande pandemia di cui si abbia traccia, in buona parte causata dal nostro stile di vita globale, una domanda sorge spontanea: la specie umana è sostenibile per il pianeta? Domanda che si fa ancora più pressante in un continente come quello africano, sempre più affollato e martoriato da problematiche socioeconomiche non trascurabili.

Le Nazioni unite propongono, attraverso numerose agenzie specializzate quali FAO, WFP e UNEP una serie di protocolli di sviluppo ed iniziative volte alla sostenibilità ambientale. I tentativi sono stati numerosi negli ultimi anni e l’attuale paradigma in atto è basato sui famosi SDGs, gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030.

Su 17 SDGs sono addirittura 12 quelli che direttamente o indirettamente hanno a che fare con lo sviluppo di politiche alimentari ed ambientali sostenibili a lungo termine. Primo fra tutti, l’SDG numero 2 “Fame Zero” ci ricorda nei suoi numerosi indicatori come il problema alimentare, il cambiamento climatico e la trasformazione della produzione rurale siano fortemente correlati a disuguaglianze sociali e migrazioni forzate.

Attualmente sono numerosi i dubbi e le perplessità globali riguardo lo sviluppo sostenibile. Purtroppo, sulla questione SDGs, proprio come accadde con la precedente agenda degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, siamo certi di una sola cosa: con l’attuale andamento stiamo fallendo.

I nuovi accordi internazionali

Il 2022 è, su più livelli, un anno simbolico per quanto riguarda la lotta al cambiamento climatico e alle numerose minacce portate da problemi ambientali nei confronti della nostra popolazione, questo tema è sentitissimo in diverse zone dell’Africa, prima fra tutte il Sahel con i suoi 12 Stati, tutti vittime della desertificazione.

Le mappe e le ricerche degli ultimi anni dimostrano come l’indice di malnutrizione ed insicurezza alimentare sia estremamente preoccupante soprattutto in Africa, ancora di più nei numerosi Stati toccati da guerre, carestie ed interessi stranieri non controllati. Le Nazioni Unite e l’Unione europea faticano a sopperire alle mancanze di influenza su molti degli Stati in questione. La situazione può essere ribaltata solo attraverso un importante e perdurante shift produttivo interno in regioni in cui produrre cibo sembra un’impresa impossibile.

Esistono però segnali di speranza in alcuni Paesi come il Senegal o la Costa D’Avorio che negli ultimi anni hanno intensificato gli sforzi per convertire vecchie produzioni non sostenibili in nuove colture rurali anche attraverso la riscoperta di metodi agricoli tradizionali.

I progetti di riconversione rurale sono molto complessi, lunghi e dispendiosi ma sono attualmente lo strumento migliore che abbiamo per cambiare la sorte di milioni di persone che soffrono la fame e diventano quindi potenziali vittime di numerose altre minacce.  

Il destino del cibo africano in questi anni riguarda tutti noi, attenzionare il tema e diffondere una nuova consapevolezza sull’urgenza della questione è un dovere che possiamo abbracciare fin da subito. Una piccola scintilla di speranza è sempre d’aiuto anche in momenti complessi.

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