Addio Sarah Maldoror, prima regista nera a girare in Africa

di Stefania Ragusa

Sarah Maldoror è morta lunedì 13 aprile, a quasi 91 anni, portata via anche lei dal coronavirus. E’ stata la prima donna nera ad avere girato un film in Africa. Il padre veniva da Guadalupe, la madre era francese. Il vero cognome era Durados, ma aveva scelto di cambiarlo in Maldoror per sottolineare l’affinità con il protagonista e voce narrante degli Chants composti dall’inquieto poeta Isidore Lucien Ducasse nel 1869.
Il suo percorso, sempre artistico e politico, intrecciato con la stagione esaltante delle indipendenze, era cominciato in teatro. Nel 1956 aveva dato vita a Les griots, prima compagnia fomata da attori africani e afro-caraibici, con l’intenzione di “farla finita con i ruoli subalterni, de servante” e “per far conoscere gli artisti e gli scrittori neri “.
Nel 1961 la troviamo a Mosca per studiare cinema. Dopo il soggiorno sovietico, si unisce ai pionieri della lotta dei movimenti di liberazione africani in Guinea, Algeria e Guinea-Bissau, insieme con il suo compagno Mario Pinto de Andrade, poeta e politico angolano, tra i fondatori del Movimento per la liberazione dell’Angola (MPLA).
Lavora come assistente di Gillo Pontecorvo ne La Battaglia d’Algeri. Il suo primo cortometraggio, Monangambee, risale al 1968: ambientato in Angola ma girato in Algeria, prende spunto da un racconto dello scrittore José Luandino Vieira.


Il primo lungometraggio vedrà la luce quattro anni dopo.  Sambizanga è a colori e riprende e sviluppa lo stesso plot di Monangambee, ma con maggior respiro, soffermandosi sulle sofferenza interiore di Maria, la protagonista.
Il film inizia con l’arresto del rivoluzionario angolano Domingos Xavier, che viene portato nella prigione di Sambizanga dove rischia di essere torturato a morte per non aver rivelato i nomi dei compagni di lotta. Maria, sua moglie, comincia a cercarlo di prigione in prigione.  Rispetto a questo lavoro Maldoror ebbe a dire: «Mi hanno accusata di aver fatto un film hollywoodiano, ma non è vero. Ho solo voluto evitare ogni miserabilismo e ho mostrato un popolo angolano cosciente del proprio diritto alla libertà».
Successivamente, stabilitasi a Parigi, realizza vari documentari dedicati alla vita e alle idee di artisti e intellettuali come Aimé Césaire o Léon-Gontran Damas e precursori come Toto Bissainthe. Nella sua lunga carriera ha ricevuto molti riconoscimenti. Qui possiamo vederla nel 2011, in occasione della consegna de “l’ordre national du mérite” da parte di Frédéric Mitterand.

La dimensione politica ha occupato sempre un posto centrale nella sua opera. Per lei, come per molti altri cineasti africani, il cinema è stato uno strumento di rivoluzione, un’educazione politica per trasformare le coscienze.

(Stefania Ragusa)

 

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