Il viaggio di Sule raccontato a colpi di pennello

di Stefania Ragusa
Sule Hamza è un ventiseienne artista e pittore nigeriano.
Diplomato in Arte al politecnico di Auchi, la sua città natale, è giunto in Italia nel gennaio del 2016 come rifugiato richiedente asilo.
Durante una calda mattina di luglio mi ha concesso una breve intervista nel suo atelier: una stanza della residenza Fersina, la ex caserma gestita da Cinformi (PAT) che a Trento sud ospita i profughi richiedenti asilo.
Convinto che l’arte sia il mezzo migliore per comunicare, dipinge e disegna moltissime opere, spesso di carattere autobiografico.
Nel ciclo di acquarelli ritratti in questo post, che mi ha gentilmente permesso di fotografare e riprodurre, ha voluto rappresentare il viaggio che ha intrapreso per raggiungere l’Italia.

Sule Hamza, Sahara-Italia: partenza, 2016
(foto: Luca Pisoni)

Sule è partito dalla Nigeria e ha iniziato la traversata del Sahara su un pick-up che navigava a tutta velocità tra le dune, rischiando, come realmente accaduto a molti, di cadere nella sabbia e di essere abbandonato nel deserto.

Sule Hamza, Sahara-Italia: la grotta, 2016
(foto: Luca Pisoni)

Passata la prima notte in una grotta infestata da scorpioni e serpenti, il viaggio sui foristrada è proseguito nei giorni seguenti.

Sule Hamza, Sahara-Italia: cadere e perdersi nel deserto, 2016
(foto: Luca Pisoni)

È capitato che qualcuno cadesse dal pick-up. Il viaggio però non si interrompeva per questo e lo sfortunato veniva lasciato a morire nel deserto.
Dopo aver attraversato una serie di valli rocciose, il viaggio lo ha portato finalmente in Libia.

Sule Hamza, Sahara-Italia: Duruku, 2016
(foto: Luca Pisoni)

La permanenza nell’ex colonia italiana è stata, per Sule e per tutti i migranti subsahariani, un’esperienza terribile, della quale pochi parlano.
In assenza di uno Stato di diritto garantito da un governo centrale stabile, le angherie nei confronti dei profughi (furti, violenze e anche omicidi) sono tutt’altro che infrequenti.

Sule Hamza. Sahara-Italia: l’arrivo in Libia 2016
(foto: Luca Pisoni)

Dopo l’imbarco su un gommone, Sule ha iniziato, insieme ad altri, la traversata del Mediterraneo, fino a quando una nave della Guardia costiera italiana ha incrociato l’imbarcazione e salvato i migranti.

Sule Hamza, Sahara-Italia: la traversata del Mediterraneo, 2016
(foto: Luca Pisoni)

La serie si conclude con l’arrivo della guardia costiera e con una frase che riunisce gratitudine e speranza.

Sule Hamza, Sahara-Italia: i soccorsi italiani, 2016
(foto: Luca Pisoni)

Guardando le opere di Sule Hamza è difficile non accorgersi di come uno dei pregi maggiori sia quello di saper comunicare, senza retorica e con grande empatia, le condizioni terribili del viaggio.
Come già per le guerre mondiali l’arte svolge qui, oltre a una testimonianza storica di una questione poco presente nei media europei, anche un’importante funzione psicoanalitica, aiutando nel percorso di rielaborazione dei lutti e delle esperienze traumatiche, altrimenti destinati a rimanere confinati nelle coscienze dei singoli migranti.
Come rilevato infatti da Medici Senza Frontiere e da altre organizzazioni che si occupano della salute, anche mentale, dei profughi, i migranti fanno fatica a parlare di ciò che gli è successo, provano un senso generale di vergongna e spesso, come accaduto ai reduci della Shoah, temono di non essere creduti.

• Luca Pisoni (antropologo e docente, autore del libro Il bagaglio intimo, Meltemi) ha un blog su cui questo testo è stato pubblicato originariamente).

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