16/01/14 – Centrafrica – Onu: rischio genocidio, servono aiuti e truppe

di AFRICA

 

Atrocità quotidiane, timore reciproco tra comunità e paura diffusa tra la gente: per il capo delle operazioni umanitarie dell’Onu, John Ging, come in Rwanda e in Bosnia anche in Centrafrica “sono riuniti tutti gli ingredienti per un genocidio”. Il monito è stato lanciato da Ginevra dopo una recente visita nel paese dell’Africa centrale, teatro di una crisi cominciata nel dicembre 2012, acuitasi col colpo di stato della ribellione Seleka lo scorso marzo.

“Per ora non si tratta ancora di un conflitto interreligioso ma potrebbe diventarlo. Per questo motivo dobbiamo creare le condizioni affinché la paura scompaia. Le conseguenze saranno drammatiche se non interveniamo subito” ha avvertito Ging, denunciando “il crollo totale” dello Stato centrafricano. Rivolgendosi alla comunità internazionale, il capo delle operazioni umanitarie ha sollecitato maggiori aiuti finanziari destinati all’assistenza umanitaria. Per prestare soccorso alla metà della popolazione centrafricana diventata sfollata servono 247 milioni di dollari. Finora l’Onu ha ricevuto solo il 6% dei fondi richiesti, circa 15,5 milioni. L’alto responsabile delle Nazioni Unite ha inoltre sollecitato un rafforzamento e un ampliamento delle operazioni militari sul terreno, per ora attuate dai 1600 soldati francesi dell’operazione Sangaris e dalle truppe africane della Misca sotto il comando dell’Unione Africana (Ua). Oltre la risposta umanitaria urgente di cui 2,2 milioni di persone necessitano serve un potenziamento dell’azione militare per ristabilire l’ordine e la sicurezza, in un contesto di delicata transizione politica.

Lo stesso auspicio è arrivato da Luanda, dove si è tenuto un vertice dei capi di Stato e di governo dei Grandi Laghi. Nella capitale angolana il rappresentante speciale dell’Ua nella regione, Boubacar Diarra, ha invitato i partner dei Grandi Laghi a “rafforzare la missione internazionale dispiegata in Centrafrica”, senza però ottenere impegni concreti. A sua volta, nel comunicato di chiusura del vertice, la Conferenza dei Grandi Laghi (Cirgl) ha esordito l’Ua e i suoi partner a “potenziare la Misca con maggiori risorse e sostegno logistico”. Per ora costituita da 4500 elementi, la missione panafricana non riesce a reperire altri 1500 uomini. Nonostante pressioni internazionali l’Angola si rifiuta di fornire truppe cosi come il Sudafrica, già impegnato in altri teatri di crisi. Ad annunciare invece il prossimo dispiegamento di militari nell’ambito della futura missione militare dell’Unione europea è stata l’Estonia, per ora con 55 uomini. La pianificazione e i dettagli dell’intervento europeo dovrebbero essere stabiliti in occasione di una riunione dei ministri degli Esteri convocata a Bruxelles per il 20 gennaio.

Intanto da Bangui la Croce rossa locale ha annunciato la morte di almeno sette persone in una serie di violenze che si sono verificate nella notte in un quartiere settentrionale, il Pk12, dove la “tensione rimane alta”. Quattro vittime sarebbero cristiane e le altre tre, tra cui un quindicenne, musulmane. In questi incidenti, dalla dinamica ancora confusa, abitanti del quartiere di Begoua 3 hanno accusato i francesi di Sangarsi di aver esploso colpi d’arma da fuoco sulle tre vittime musulmane nel corso di una perquisizione. Stamattina decine di civili di confessione musulmana scortati dai soldati ciadiani della Misca hanno lasciato la capitale, stipati a bordo di camion diretti verso il nord del paese.

Anche dalla città settentrionale di Batangafo sono giunte notizie di attacchi, saccheggi e rapimenti che hanno causato almeno quattro morti e centinaia di sfollati, contrapponendo ribelli dell’ex coalizione ribelle Seleka (a maggioranza musulmana) e miliziani dei gruppi di autodifesa Anti-Balaka (a maggioranza cristiana). In una Batangafo “deserta”, come riferito dalla Rete dei giornalisti per i diritti umani (Rjdh), la popolazione auspica il rapido dispiegamento dei soldati della Misca e di Sangaris. Nei giorni scorsi episodi simili si sono verificati a Bozoum (nord-est), Obo (est) e Beloko, al confine col Camerun, provocando altre decine di morti.

Una scia di violenza che si allunga, in contraddizione con gli appelli alla calma e al dialogo lanciati dal presidente ad interim Alexandre Ferdinand Nguendet ma anche da alcuni capi degli ex Seleka e degli Anti-Balaka. Dall’inizio della settimana Bangui sta vivendo giorni di fermento politico e di attesa per l’elezione del nuovo presidente di transizione. Ancora oggi i 134 membri del Consiglio nazionale di transizione (Cnt, parlamento di transizione) sono riuniti per stabilire i criteri di eleggibilità e registrare le candidature, in teoria fino alle ore 16. I nomi saranno poi presentati alle forze vive della nazione con una serie di consultazioni prima di procedere al voto a partire dal prossimo fine settimana. Entro il 27 gennaio dovrebbe essere eletto il successore di Michel Djotodia. In base ai primi dati ufficiali diffusi dalla presidenza ad interim, in pochi giorni tra 7000 e 8000 militari delle Forze armate centrafricane (Faca) sono rientrati nelle caserme dopo settimane di assenza. – Misna

 

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