Centrafrica, il ritorno della violenza

di Enrico Casale
scontri nella repubblica centrafricana

ribelli in centrafricaTornano a parlare le armi nella Repubblica centrafricana. Ieri, lunedì 20 giugno, due persone sono rimaste uccise in combattimenti nella capitale Bangui. Per tutto il giorno i colpi di mitragliatrici e armi pesanti sono rimbombate per le strade della città. Secondo testimonianze locali, membri dell’ex gruppo ribelle Seleka (filo islamico) hanno preso in ostaggio sei agenti di polizia. Non è chiaro se la sparatoria e il sequestro siano collegati.

«Chiediamo la liberazione degli ufficiali che sono stati presi in ostaggio – ha detto Jean Serge Bokassa, il ministro dell’Amministrazione territoriale e della Sicurezza pubblica – Il governo farà tutto il possibile per liberarli».

Anche Medici Senza Frontiere (Msf) è stata colpita dagli scontri. Un autista dell’organizzazione francese è stato colpito a morte in un agguato, con le stesse modalità che avevano portato alla morte un altro autista di Msf lo scorso mese. Msf ha così sospeso le sue attività nel Paese per tre giorni in segno di protesta contro le violenze. «Questo agguato dimostra che il lavoro umanitario è sempre più precaria nella Repubblica Centrafricana – ha dichiarato il capo missione Emmanuel Lampaert -. Msf chiede che la sua richiesta d’aiuto e di protezione sia ascoltata».

Dopo la visita di Papa Francesco, nel novembre 2015, sembrava che il sistema politico e militare centrafricano si stesse avviando verso una transizione pacifica. I gruppi ribelli sembrava avessero deposto le armi. In questo contesto era stato possibile tenere le elezioni presidenziali che hanno portato all’elezione di Faustin-Archange Touadéra che ha prestato giuramento a marzo.

Negli ultimi giorni sembrano invece riaccendersi le tensioni. Il rischio è che il Paese sprofondi nuovamente nella violenza che ha sconvolto la nazione a partire dal 2013. Paese poverissimo, il Centrafrica non aveva mai conosciuto una contrapposizione inter-comunitaria e inter-religiosa, l’ascesa delle milizie Seleka, di matrice islamica, e la nascita dei gruppi anti-Balaka, di ispirazione cristiana, hanno scatenato una guerra civile alla quale non sono estranee influenze esterne (fanno gola ad alcuni Paesi stranieri le risorse minerarie e naturali del Centrafrica). Il rischio è il protrarsi di uno stato di conflitto che non può che portare ulteriori devastazioni e miseria.

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