Un mondo più forte e resiliente grazie ai migranti

di Enrico Casale

di Gianfranco Belgrano

I migranti contribuiscono con le loro conoscenze, reti e competenze a costruire comunità più forti e resilienti. A ricordarlo, nella Giornata dedicata proprio ai migranti – il 18 dicembre di ogni anno – è l’Organizzazione internazionale dei migranti (Oim), che solo qualche settimana fa ha celebrato a sua volta 70 anni di attività. Quest’anno, la Giornata è stata dedicata alle potenzialità insite nei movimenti che da sempre hanno contraddistinto l’umanità.

Sono movimenti volontari o forzati a causa dell’aumento dell’entità e della frequenza di disastri, sfide economiche e povertà estrema o conflitti. Circa 281 milioni di persone erano migranti internazionali nel 2020, il 3,6% della popolazione mondiale.

Tutto ciò, evidenzia ancora Oim, influenzerà in modo significativo le caratteristiche e la portata della migrazione in futuro e determinerà le strategie e le politiche che i Paesi devono sviluppare per sfruttare il potenziale della migrazione garantendo al contempo la protezione dei diritti umani fondamentali dei migranti.

A fronte di queste tendenze e di queste potenzialità, una informazione precisa e puntuale sui fenomeni migratori da una parte e una maggiore tutela dei diritti dei migranti dall’altra parte, possono contribuire ad attualizzare le politiche migratorie e correggere quelle distorsioni che colpiscono, per esempio, le rimesse, uno dei frutti più preziosi di chi va a vivere in un Paese diverso da quello in cui è nato. 

Sul primo punto e, in particolare, sulla necessità di una informazione corretta da offrire nelle terre di partenza, è attivo da qualche anno il progetto “Autonomiser les jeunes en Afrique à travers les médias et la communication” implementato da Unesco e finanziato dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) attraverso il Fondo Africa del Ministero degli esteri italiano. Il progetto riguarda otto Paesi dell’Africa occidentale e centrale, Paesi che presentano caratteristiche simili ma anche grandi differenze: si va dalla Nigeria, prima economia continentale, a Camerun, Mali e Niger passando per Guinea, Ghana, Costa d’Avorio, Senegal.

“Lo scopo ultimo del progetto – racconta al magazine di Aics “Oltremare” Joshua Massarenti, che dal 2018 coordina per l’Unesco questa iniziativa – è duplice: da una parte vogliamo rafforzare le competenze dei professionisti dei media e degli animatori radiofonici per migliorare la qualità dell’informazione su un tema delicato e importante come quello delle migrazioni. Dall’altra parte, vogliamo far parlare del tema migrazione a 360 gradi: non soltanto cioè delle migrazioni irregolari, ma anche di fenomeni consistenti numericamente come i flussi migratori intraregionali, di migrazioni economiche, dell’impatto del covid sulle rimesse, della migrazione femminile”. 

La difficoltà più grande, aggiunge Massarenti, è stata quella di allargare l’orizzonte dei giornalisti sulla migrazione, che poi è anche l’obiettivo finale del progetto, dal momento che “paradossalmente, la narrativa europea ha molto impattato la narrativa africana dei processi migratori”. Questo impatto si è tradotto spesso in un invito a non emigrare tout court: “ma quello che abbiamo capito è che non ci si può limitare a dire alla gente di non partire, occorre dare delle alternative”. E formare dei giornalisti significa aiutare a formare una sensibilità diversa e raccontare delle realtà nella loro pienezza: “Volete andare in Europa? Ecco i rischi in cui potete incorrere. Ci sono altri percorsi? Ecco le opportunità, ecco i protocolli da seguire”.

Rimesse e diaspora

Sui diritti dei migranti incide notevolmente anche il peso esercitato dalle commissioni sulle rimesse, segno tangibile di chi lascia un Paese per sostenere le famiglie rimaste nei luoghi di origine. Un percorso ancora vivo nella memoria di quelle famiglie italiane che ancora fino a pochi decenni fa vivevano anche grazie alle rimesse inviate dall’estero. E, come sottolinea la Banca Mondiale, c’è un filo che lega le rimesse, lo sviluppo e l’inclusione finanziaria che nemmeno la pandemia di covid-19 è riuscita a spezzare. Questo filo nel 2020, secondo i dati diffusi da Banca Mondiale, si è però assottigliato dell’1,7% come conseguenza diretta del covid e dei suoi effetti sul mondo del lavoro. Nel 2021, tuttavia, farà segnare a livello globale una crescita del 7,3% raggiungendo (sono ancora stime) i 589 miliardi di dollari. Un numero significativo, ancor più se si considera che per il secondo anno consecutivo il totale delle rimesse dirette verso Paesi a basso e medio reddito (con esclusione della Cina) supererà la somma di investimenti diretti esteri (Fdi) e aiuti allo sviluppo (Oda). Sono soldi anche tra i più “tassati” al mondo, su cui gravano in media commissioni per il 5,5%. Il dato nasconde però un ampio ventaglio: il Paese dove costa meno spedire le rimesse è il Messico (3,7%), mentre l’Africa subsahariana resta la regione dove spedire soldi costa di più (8%). 

Il tema è stato affrontato anche nell’ambito del G20 a presidenza italiana e rientra nel più vasto campo dell’inclusione finanziaria su cui proprio il G20 ha attivato la Global Partnership for Financial Inclusion. Di fatto, quello delle rimesse è un paragrafo rilevante all’interno del capitolo sviluppo. “Le rimesse sono uno strumento fondamentale per lo sviluppo e sono anche uno strumento capace di fornire risposte nelle situazioni di emergenza, come dimostrano i dati; a fronte della pandemia di covid-19, le rimesse sono state decisive e resilienti” dice ad Oltremare Daniele Frigeri, direttore del Centro Studi di Politica Internazionale (CeSPI) e dell’Osservatorio nazionale sull’inclusione finanziaria dei migranti.

I dati di Banca Mondiale indicano chiaramente che se il flusso delle rimesse è tornato a crescere, con prospettive positive anche per il 2022, c’è ancora strada da fare sul piano delle commissioni, soprattutto per l’Africa subsahariana; esaminando il peso delle rimesse in alcuni Paesi del continente, è assolutamente lampante l’entità del problema e il macigno rappresentato da quelle commissioni. In totale, l’Africa subsahariana chiuderà il 2021 con rimesse pari a 45 miliardi di dollari (+6,2% rispetto all’anno precedente). La Nigeria è il primo Paese in termini di volumi, ma ci sono altri Paesi per i quali ricevere più o meno rimesse vale una buona parte del prodotto interno lordo: in Gambia i risparmi inviati a casa dai migranti all’estero valgono il 33,8% dell’economia nazionale, in Lesotho il 23,5%, a Capo Verde il 15,6%, nelle Comore il 12,3%.

“Sul tema delle commissioni, l’Africa paga anche il fatto di essere la regione dove si è più indietro in termini di inclusione finanziaria” conclude Frigeri. “Le nuove tecnologie stanno aiutando a cambiare questo quadro, consentendo a chi non ha un conto in banca di poter comunque utilizzare altri sistemi come i telefonini per ricevere denaro. In generale servirà una grande azione di educazione finanziaria e digitale”.

Condividi

Altre letture correlate: