I risultati
provvisori e le prime reazioni
Nella notte tra il 9 e il 10 gennaio la Commissione elettorale (Ceni) della
Repubblica Democratica del Congo (RDC) ha diffuso i risultati provvisori delle
elezioni presidenziali dello scorso 30 dicembre. I primi tre nomi sono FƩlix
Antoine Tshisekedi Tshilombo con il 38,57% dei voti (7.051.013 di preferenze),
dunque presidente in pectore, poi Martin Fayulu Madidi (34,83%, cioĆØ 6.366.732 di
voti) ed Emmanuel Shadary (23,84%, cioĆØ 4.357.359 di voti). Il tasso di
partecipazione ĆØ stato del 47,56%, cioĆØ circa 18 milioni di votanti. Sebbene
molto distanti tra loro, i primi due sono espressione delle opposizioni, mentre
il terzo ĆØ il candidato governativo, apertamente appoggiato dal presidente
uscente Joseph Kabila.
In particolare, FĆ©lix Tshisekedi, nato nel 1963, ĆØ il figlio di Ćtienne Tshisekedi, ex primo ministro negli anni ā90 sotto la presidenza di Mobutu, poi oppositore di Kabila, morto nel febbraio 2017; la sua candidatura era stata messa in dubbio nellāagosto scorso, quando la stampa aveva rivelato un suo presunto falso diploma in āmarketing e comunicazioneā conseguito in Belgio. La prima dichiarazione del presidente eletto ĆØ di distensione nei confronti del Capo di Stato uscente: āRendo omaggio al presidente Joseph Kabila, che oggi non dovremmo più considerare come un avversario, bensƬ come un partner nel cambiamento democratico nel nostro Paeseā, aggiungendo poi che la sua prioritĆ sarĆ la lotta contro la povertĆ . Secondo fonti diplomatiche raccolte da āRadio France Internationalā (RFI), il risultato ĆØ sorprendente: la Conferenza episcopale congolese (Cenco) dava Fayulu come vincitore, ma ci sarebbero state delle āriunioni di conciliazioneā tra gli esperti della Cenco e i dirigenti del Cach (āCap pour le Changementā, la coalizione a sostegno di Tshisekedi) che avrebbero portato alla proclamazione odierna. Dal canto suo, il secondo arrivato, Martin Fayulu, ex dirigente della compagnia petrolifera Exxon Mobil, ha rigettato i risultati, che ritiene non abbiano āniente a che fare con la veritĆ ; si tratta di un vero e proprio putch elettoraleā. A suo sostegno ĆØ giunta la Francia, con una dichiarazione in tv del ministro degli Esteri Jean-Yves Le Drian: āSembra che i risultati annunciati non siano coerenti con quelli che ci si aspettavaā.
Secondo la legge, i candidati possono fare appello alla Corte Costituzionale contro i risultati, tuttavia il grande interrogativo ora riguarda la reazione del Paese, perchĆ© ĆØ ancora alta la preoccupazione per eventuali disordini, nel caso la popolazione ritenga i risultati scarsamente credibili o addirittura fraudolenti. Da questo punto di vista, nella prima giornata dallāannuncio dei risultati provvisori, in tutta la RDC si sono avuti almeno 11 morti (almeno 6 a Kikwit, tra cui 2 poliziotti, 2 a Kinshasa, almeno 3 a Tshikapa), oltre a decine di feriti, di arresti e di danni materiali. In attesa della proclamazione ufficiale, se lāinsediamento del nuovo presidente avverrĆ senza violenze diffuse, queste elezioni saranno il primo passaggio di potere ordinato e pacifico che avviene nella RDC dallāindipendenza dal Belgio nel 1960. A questo proposito, Tshisekedi ha rivelato che sono giĆ in corso dei colloqui con lāentourage di Kabila per preparare la transizione.
Uno spoglio
elettorale lento e difficile
Il 30 dicembre scorso decine di milioni di cittadini della RDC hanno
potuto scegliere tra 21 candidati il successore del presidente Joseph Kabila,
al potere dal 2001. La consultazione elettorale ĆØ stata interamente finanziata
dal Paese africano, sia per minimizzare il controllo esterno, rifiutando ogni
supporto logistico e monetario internazionale, sia per ragioni
propagandistiche, dal momento che è stato più volte promesso che si sarebbe
trattato di elezioni tecnologicamente allāavanguardia e che ā come dichiarato
dallo stesso Kabila ā sarebbero state āle
migliori elezioni che questo Paese abbia conosciuto dal 1959ā.
Lāannuncio dei risultati era previsto per il 6 gennaio, ma il giorno prima ĆØ stato rinviato a tempo indeterminato, quando la Commissione elettorale (Ceni) ha fatto sapere che lo spoglio era ancora al 50% e che non avrebbe fornito alcuna informazione finchĆ© non sarebbero state conteggiate tutte le schede elettorali. Ciò ha accresciuto le tensioni e le polemiche interne, ad esempio tra la Ceni e la Cenco (la Conferenza espiscopale), la quale ha chiesto insistentemente la diffusione di dati reali che, tuttavia, hanno permesso ai funzionari statali di controbbattere accusando i vescovi di far filtrare indiscrezioni e, addirittura, di preparare una sommossa. Nel frattempo le opposizioni hanno lanciato esplicite accuse di brogli che avrebbero puntato a lasciare al potere il partito di governo o, almeno, la cerchia di Kabila: secondo alcune testimonianze raccolte da RFI, in un centro di spoglio della capitale ci sarebbe stato il tentativo di introdurre schede provenienti da un seggio di voto clandestino, ma segnalazioni dello stesso tipo sono giunte da numerose zone del Paese. Parallelamente, la pressione del governo si ĆØ fatta più forte, con la chiusura dellāaccesso ad internet e delle frequenze di alcune radio, compresa RFI, una delle più seguite fonti dāinformazione nel Paese, ufficialmente per preservare lāordine pubblico da risultati fasulli che avevano cominciato a circolare allāindomani del voto. Infine, sebbene un portavoce del segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, abbia chiesto a tutti di rispettare le leggi elettorali del Congo per ācontribuire a mantenere un ambiente libero dalla violenzaā, le preoccupazioni internazionali si sono fatte più gravi, dal momento che il Consiglio di sicurezza dellāOnu ha fissato a venerdƬ 11 gennaio la sessione sullāesito delle votazioni congolesi, prima ancora di conoscere il nome del nuovo Capo di Stato diffuso solo stamattina.

Le
irregolaritĆ del giorno del voto
Domenica 30 dicembre Kinshasa ĆØ stata funestata da un violento temporale,
che ha reso particolarmente difficile recarsi ai seggi, ma al di lĆ di
prevedibili asperitĆ dovute alla vastitĆ del territorio nazionale e alla
scarsità di infrastrutture, le difficoltà più gravi sono state dovute a
irregolaritĆ diffuse e a svariati casi di repressione e violenza verso gli
elettori, come riferito da osservatori della Chiesa cattolica, giornalisti e
attivisti per i diritti umani dispiegati in tutto il Paese durante la campagna
elettorale e nel giorno delle elezioni. Ć quanto ha denunciato soprattutto āHuman
Rights Watchā, secondo cui numerosi elettori non hanno potuto esercitarae il
loro diritto a causa dellāimprovvisa chiusura di oltre mille seggi nella
capitale, ufficialmente a causa di problemi con le macchine per il voto
elettronico e per errori nelle liste elettorali. A questi vanno aggiunti un
milione e duecentomila congolesi residenti in tre aree roccaforti delle opposizioni
(Beni e Butembo, nella provincia del Nord Kivu, e Yumbi nella provincia di Mai-Ndombe),
il cui voto ĆØ stato rinviato al prossimo marzo, formalmente per lāepidemia di
Ebola e le violenze etniche che insanguinano quelle zone.
Agli osservatori delle elezioni, inoltre, ĆØ stato negato lāaccesso a numerosi seggi e ai centri di tabulazione dei voti, dacchĆ© la loro preoccupazione ĆØ che il conteggio dei voti possa essere stato falsificato, il che potrebbe generare proteste e, di conseguenza, una violenta repressione governativa come quella durante la campagna elettorale, quando a Kinshasa si sono avute decine di morti. Secondo lāattivista Jonas Tshiombela, avvocato e coordinatore del movimento āNouvelle SociĆ©tĆ© Civile Congolaiseā, infatti, nelle settimane precedenti le elezioni ci sono state almeno 300 violazioni dei diritti umani, come ha scritto in un rapporto preliminare consegnato ai giornalisti internazionali. Nonostante questo, ha dichiarato Ida Sawyer, vicedirettore di āHuman Rights Watch ā Africaā, āgli elettori congolesi hanno dimostrato di essere determinati a partecipare al processo democratico di fronte agli ostacoli incontrati durante le elezioni. Le autoritĆ dovrebbero immediatamente ripristinare tutte le comunicazioni, consentire ai media indipendenti di operare liberamente e garantire che il conteggio dei voti avvenga in modo credibile e trasparenteā.
Due anni di
rinvii
Inizialmente programmate per il novembre del 2016, le consultazioni per
scegliere il nuovo presidente sono state prima rinviate a domenica 23 dicembre
2018, poi spostate al 30 dicembre. Questāultima proroga ĆØ stata giustificata
dalla Ceni con lāincendio di un magazzino in cui sarebbe andate distrutte milioni
di schede elettorali, oltre al danneggiamento di parecchie macchine per il
voto. Inoltre va osservato che in un Paese esteso quanto lāEuropa occidentale,
ma senza grandi strade e infrastrutture, distribuire il materiale elettorale ai
75000 seggi era particolarmente complesso, considerando anche il difficile
contesto economico e sociale, segnato in più zone da scontri e violenze.
Dal punto di vista politico, lāultimo rinvio era stato tollerato dalla maggioranza parlamentare, ma considerato inaccettabile dalle opposizioni, considerandolo invece un banale pretesto. In ogni caso, la tensione ĆØ stata palpabile fino alla vigilia delle elezioni, infatti il 28 dicembre il governo ha espulso lāambasciatore dellāUnione europea, Bart Ouvry, in seguito alla decisione dellāUE il 10 dicembre di rinnovare le sanzioni contro 14 alti funzionari congolesi.

Le
proiezioni dei sondaggi
Secondo un sondaggio pubblicato il 30 ottobre scorso, realizzato dal
āBureau dāĆtudes, de Recherches et de Consulting Internationalā (BERCI) e dal
āGroupe dāĆ©tude sur le Congoā (GEC) della New York University, su un campione
di oltre 1100 persone delle 26 province del Paese, tra i 21 candidati ammessi a
competere per le elezioni presidenziali in vantaggio erano Felix Tshisekedi
(36%) e Vital Kamerhe (17%), uno scenario che, secondo gli stessi studiosi, avrebbe
sconvolto la scena politica congolese. Dopo lāinvalidazione ā molto impopolare
ā delle candidature di Moise Katumbi e Jean-Pierre Bemba, Tshisekedi e Kamerhe erano
sicuramente le due figure più competitive a livello nazionale, attingendo
rispettivamente a bacini elettorali radicati nellāovest e nel sud-est della RDC
per il primo, nel nord e nellāest per il secondo. Invece il candidato scelto da
Joseph Kabila, Emmanuel Ramazani Shadari, risultava solo terzo con il 16% delle
intenzioni di voto davanti a Martin Fayulu e Freddy Matungulu.
Il sondaggio, infine, rilevava anche una grande sfiducia nei confronti del processo elettorale, soprattutto nei confronti della Ceni, per cui cāerano seri dubbi sulla credibilitĆ della democratizzazione del Paese, sia a livello nazionale che internazionale. A ciò va aggiunto il forte divario di copertura mediatica tra i candidati, che sui media di Stato ĆØ stata fortemente sbilanciata per il candidato di Kabila, Emmanuel Ramazani Shadary: āla disparitĆ di mezzi tra la coalizione al potere e lāopposizione in queste elezioni molto costose rafforza il carattere apertamente sleale di questa competizioneā, ha commentato Jason Stearns, direttore del GEC.
(Giovanni Gugg)