Sudafrica, l’isolamento del Paese mette a rischio l’economia

di claudia

La variante Omicron rischia di mettere in seria difficoltà il Sudafrica e la sua economia ed è questa, o almeno sembra, la preoccupazione maggiore del presidente sudafricano Ciryl Ramaphosa. In particolare, più della variante del coronavirus preoccupa il blocco dei voli da e per il Sudafrica, che isolano il Paese in una bolla che rischia di soffocarne la ripresa economica, già flebile. Il tutto in un contesto sociale tanto rovente, con le proteste (per ragioni politiche, ma non solo) che da luglio imperversano in molte regioni del Paese, quanto lacerato.

di Andrea Spinelli Barrile

Oggi il Sudafrica sembra essere solo contro tutti: pochi giorni dopo il Regno Unito, che la scorsa settimana ha chiuso l’ingresso a chiunque rientrasse dal Sudafrica, tutto il mondo ha chiuso la porta al Sudafrica “in via precauzionale” ma, come detto sia da Ramaphosa ieri che dal direttore dell’Africa Cdc John Nkengasong “le restrizioni imposte rendono sempre difficile coordinare una risposta” e soprattutto tali misure “non hanno mai aiutato a ridurre la diffusione di qualsiasi variante nel mondo”. Il rischio, insomma, è di voler frenare un temporale con uno scolapasta: Ramaphosa ha parlato in televisione ieri sera, mostrando molta rabbia e nominando uno a uno i Paesi che hanno chiuso i voli, di una “discriminazione nei confronti” del Paese: “Siamo profondamente delusi. Chiediamo a tutti i paesi che limitano i viaggi di invertire urgentemente le loro decisioni prima che queste misure causino ulteriori danni alle nostre economie e ai redditi delle nostre popolazioni”.

La posizione del Sudafrica, esplicitata da Ramaphosa, è chiara: dobbiamo imparare a convivere con la pandemia e la soluzione è la vaccinazione. Una posizione forse banale ma certamente pratica: il Sudafrica è oggi vittima di una sorta di apartheid (il blocco dei voli da parte anche di molti Paesi africani come il Ruanda, che da oggi non accetta proprio l’ingresso di passaporti sudafricani) all’interno di una più grande apartheid, quella vaccinale. Anche se nel continente il Sudafrica è una delle nazioni con la campagna vaccinale più avanzata (il 28,5% di vaccinati con una sola dose e il 24,02% con due dosi) il diffondersi delle varianti in Africa, che complessivamente ha il tasso di vaccinazione più basso del mondo, circa il 10%.

Se è vero che nelle ultime settimane i vaccini hanno cominciato ad arrivare, è anche vero che fino a oggi le nazioni più ricche hanno garantito per se stesse la maggior parte delle forniture: in Europa il tasso di vaccinazione è al 62%, in Italia supera l’80%, e la campagna per le terze dosi procede a ritmo sostenuto. Tuttavia, come sottolineato da Roberto Ridolfi, presidente di Link2007: “È inutile parlare di terza dose se prima non vacciniamo tutto il mondo. La linea non può che essere aspettare che tutti i Paesi abbiamo concluso la campagna vaccinale per la prima e seconda dose” prima di dare il via alla terza. Fatti salvi i casi di fragilità: “Si tratta di una pandemia globale, non di una pandemia italiana o europea o statunitense”, dice Ridolfi a InfoMundi.

Una posizione che richiama quella espressa già dall’Oms ad agosto, che aveva lanciato un appello per una moratoria sulle terze dosi nell’ottica di non lasciare indietro nessuno, e che già ad aprile 2021 era stata espressa da esperti ed organizzazioni internazionali, come Gino Strada, fondatore di Emergency recentemente scomparso, sul quotidiano La Stampa: “Le mutazioni del virus rischiano di rendere obsoleti i vaccini. Se il virus non si ferma anche in Africa poi ce lo ritroviamo mutato in casa nostra”.

Ramaphosa non ha dunque tutti i torti ad essere arrabbiato, anche perché “non abbiamo completamente superato il problema della fornitura di vaccini ai paesi a basso reddito” ha affermato al New York Times Shabir Madhi, virologo presso l’Università del Witwatersrand a Johannesburg. Ma è anche vero che in Sudafrica il problema è soprattutto interno: il governo ha affermato di avere dosi per garantirsi un’autonomia di più di cinque mesi, ma queste non vengono somministrate abbastanza velocemente. La scorsa settimana alcuni funzionari sanitari sudafricani hanno affermato alla stampa locale che le vaccinazioni in Sudafrica stanno funzionando a circa la metà del tasso obiettivo. La campagna di vaccinazione sudafricana è stata, ed è, rallentata anche da una complessa gamma di questioni logistiche, finanziarie e persino politiche.

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