Somalia, Farmaajo e Roble allo scontro finale

di claudia

Nella giornata di lunedì, con due decreti legge diffusi sui canali social di Villa Somalia, il presidente somalo Mohamed Abdullahi, meglio noto come Farmaajo, ha annunciato la sospensione dalle loro funzioni del suo primo ministro Mohamed Hussein Roble e del comandante delle forze navali, Abas Amin Ali, “a seguito di accuse di corruzione”. Riflessioni su l’ennesimo capitolo di una vicenda complessa che va oltre i rapporti di potere e personali tra i due politici somali

di Andrea Spinelli Barrile

Per tutta risposta Roble, in un comunicato, ha accusato Farmaajo di voler tentare di impossessarsi del suo ufficio con la forza: in effetti i media locali hanno trasmesso immagini di manovre militari vicino al palazzo presidenziale, che comprende gli uffici e le istituzioni governative, incluso quello del primo ministro. Secondo l’ufficio del primo ministro “la decisione del presidente Farmaajo di sospendere il primo ministro dalle sue funzioni e il suo tentativo di confiscare il suo ufficio con la forza delle armi costituiscono una violazione della Costituzione e delle leggi che regolano il Paese”. Per queste ragioni, si legge nel comunicato, Roble continuerà a svolgere le sue funzioni come di consueto, nessuno lo escluderà dalla guida del Paese e le elezioni potrebbero aprire la strada a una transizione graduale del potere. Villa Somalia non ha commentato questa posizione.

È forse, sostengono alcuni osservatori, lo scontro finale tra il presidente della Somalia e il suo primo ministro, l’ennesimo capitolo di una vicenda complessa che va oltre i rapporti di potere e personali tra i due politici somali, incagliandosi nelle secche della politica di un Paese apparentemente ingovernabile senza il mitra. Secondo Villa Somalia infatti il presidente somalo ha sospeso il primo ministro dopo che quest’ultimo è stato accusato di “appropriazione indebita di proprietà statali” e appena 24 ore dopo l’ultimo rimpasto di governo: domenica Roble aveva infatti effettuato alcuni cambi ai vertici dei ministeri di Giustizia e Difesa, un fatto grave secondo la presidenza somala perché effettuato “prima della conclusione delle indagini”. Roble ha nominato ministro della Difesa Abdel Qader Mohamed Nour, che era ministro della Giustizia, assegnando il ministero della Giustizia a Hassan Hussein Haj, che ricopriva la carica di ministro della Difesa. Proprio Haj, la scorsa settimana, aveva chiesto indagini sulle accuse secondo cui il primo ministro ha sottratto indebitamente proprietà allo Stato.

Con un secondo decreto presidenziale Farmajo ha poi ordinato al capo di stato maggiore Adwa Youssouf Ragi di sospendere il comandante delle forze navali somale Abas Amin Ali “in conformità con i regolamenti delle Forze armate”. Ali era stato protagonista di un attentato lo scorso febbraio, quando il convoglio su cui viaggiava è stato colpito da un ordigno improvvisato, restando illeso.

La mossa di Farmaajo arriva dopo che il presidente somalo e il suo primo ministro Roble si sono scambiati a vicenda accuse di essere responsabili del fallimento del processo elettorale presidenziale e parlamentare, che doveva concludersi il 24 dicembre: domenica Roble aveva accusato il presidente somalo di ostacolare le elezioni, in risposta alle dichiarazioni di Farmajo, che accusava il primo ministro di aver “fallito” nel guidare il processo elettorale, il suo incarico principale dopo l’ultima crisi tra i due. Dall’inizio delle elezioni legislative, lo scorso ottobre, si sono moltiplicate le denunce dei candidati circa la mancanza di integrità e trasparenza nel processo elettorale e nel corretto svolgimento delle elezioni, in violazione delle leggi che le disciplinano. Sabato il neoeletto parlamentare Mohamed Sheikh Mursal, citato dalle agenzie internazionali, ha detto che finora sono stati eletti solo 24 dei 275 rappresentanti previsti nel Parlamento somalo.

Le elezioni per il Senato, la seconda camera del Parlamento, si sono concluse a metà novembre, mentre continuano in alcuni stati federali le elezioni per l’Assemblea del popolo, la prima camera. La data per le presidenziali non è stata invece ancora fissata. È 50 anni che nel Paese non si tiene un’elezione diretta nella quale i singoli cittadini sono chiamati a scegliere i propri rappresentanti: il processo di voto somalo è molto complesso e si basa su un sistema di voto indiretto. Votano solo dei “grandi elettori” scelti dai clan, che a loro volta scelgono i rappresentanti da inviare in Parlamento.

Le elezioni, che si svolgono per questa ragione in più fasi, sono state ritardate di oltre un anno per via di faide politiche ai più alti livelli di governo. Lo scorso aprile, combattenti filogovernativi e dell’opposizione hanno aperto il fuoco nelle strade di Mogadiscio dopo che il presidente Farmaajo ha esteso il suo mandato unilateralmente, senza tenere né prevedere nuove elezioni. La crisi costituzionale, che ha rischiato di essere militare perché una fazione dell’esercito sostiene Farmaajo mentre l’altra sostiene il suo rivale Roble, è rientrata solo quando il presidente somalo ha annullato la proroga del mandato e il suo primo ministro, Roble, ha negoziato un calendario per un voto.

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