Mauritania, accuse di genocidio contro l’ex presidente Taya

di Marco Trovato

Il tribunale di Bruxelles ha emesso per il 10 gennaio una citazione rivolta alla parte civile che ha sporto denuncia contro l’ex presidente della Mauritania, Maaouiya Ould Sid Ahmed Ould Taya, per coinvolgimento in crimini di genocidio e contro l’umanità durante il periodo 1989-1990. La convocazione mira a concludere la procedura di denuncia.

A 80 anni, l’ex presidente Taya vive ancora in Qatar, dove l’emiro gli ha concesso asilo politico dopo il colpo di Stato dell’agosto 2005 di Mohamed Ould Abdel Aziz, anche lui nel mirino della giustizia mauritania, ma per reati economici.

L’organizzazione per la difesa dei diritti umani Mena Rights Group ricorda che dalla fine degli anni ’80, il governo allora guidato dal colonnello Taya, ha espulso più di 60.000 mauritani dalle comunità Halpulaar, Soninké e Wolof, conosciute con il termine generico di “afro-mauritani”. Queste espulsioni sono avvenute in un contesto di tensioni al confine tra Mauritania e Senegal e sono state seguite da altre violazioni dei diritti umani.

Tra l’ottobre 1990 e la metà di gennaio 1991, riferisce Mena Rights, le autorità arrestarono arbitrariamente circa 3.000 soldati afro-mauritani, che furono poi accusati di “organizzare un colpo di Stato”. Si stima che tra 500 e 600 di loro siano state vittime di esecuzioni sommarie precedute da tortura e detenzione segreta. Coloro che sono sopravvissuti sono stati rilasciati tra marzo e aprile 1991 con una grazia presidenziale. Questo periodo fu in seguito denominato “passivo umanitario” o “anni di brace”.

Diverse vittime e beneficiari hanno tentato di sporgere denuncia presso i tribunali nazionali, ma questi si sono rivelati infruttuosi a seguito dell’entrata in vigore della legge 14 giugno 1993, n. 93-23, che concede l’amnistia agli autori di tali violazioni. Di fronte all’inaccessibilità delle vie di ricorso interne, i ricorrenti non hanno avuto altra scelta che rivolgersi a tribunali extranazionali. Hanno invitato lo stato mauritano ad abrogare la legge sull’amnistia.

Allo stesso tempo, le vittime e le loro famiglie si sono organizzate collettivamente per far valere i propri diritti e svolgere azioni di advocacy. Sono emerse molte associazioni di vittime in cui le donne hanno svolto un ruolo decisivo. In particolare, questi ultimi hanno creato collettivi di vedove per riunire i parenti delle vittime di esecuzioni extragiudiziali.

Le violazioni commesse durante gli “anni roventi” rimangono ancora oggi un vero e proprio tabù nazionale, secondo la medesima organizzazione. Sebbene durante la presidenza di Mohamed Ould Abdel Aziz, le autorità abbiano ammesso in modo vago e generale che gli agenti statali avevano commesso gravi abusi, non hanno adottato le misure necessarie per garantire che gli autori di tali violazioni rispondessero delle loro azioni. “È fondamentale che l’amministrazione istituita dal presidente Mohamed Ould Ghazouani, dopo la sua elezione nel giugno 2019, adotti tutte le misure necessarie per raggiungere una soluzione definitiva ed equa delle responsabilità umanitarie”, ritengono i difensori dei diritti umani.

Condividi

Altre letture correlate: