Mali: violenze e scontri, organizzazione Peul preoccupata

di claudia

L’organizzazione culturale Peul, Tabital Pulaaku Mali, ha condannato tutti gli attacchi all’esercito maliano, “che sono stati numerosi nelle ultime settimane”, si legge in una dichiarazione rilasciata ieri e ripresa anche da Radio France Internationale (Rfi). Tabital Pulaaku ha quindi espresso la propria preoccupazione e ha dichiarato di pregare per le vittime militari e civili.

L’organizzazione comunitaria Peul deplora anche il fatto che a suo avviso questi attacchi servano da pretesto per “la crescita di un sentimento di odio” e di “appelli alla violenza”, in particolare contro i Peul.

Tabital Pulaaku afferma però di aver anche “registrato molti casi di arresti” definiti “arbitrari” e “ingiustificati” e che denotano, secondo l’associazione, “stigmatizzazione”. “Non tutti i Peul sono jihadisti”, “non tutti i jihadisti sono Peul”, hanno affermato.

L’associazione respinge anche le accuse di collusione con gruppi terroristici in aree fuori dal controllo dello Stato. Ciò è particolarmente vero in molti villaggi del Mali centrale, dove domina la katiba Macina, guidata da Amadou Kouffa e membro del Jnim, il Gruppo per il sostegno dell’Islam e dei musulmani, legato ad al-Qaeda. “Nelle aree sotto occupazione jihadista, le popolazioni sono sottomesse contro la loro volontà”, ricorda l’associazione, e “sottomissione non significa adesione”. Tabital Pulaaku chiede il rilascio di diverse decine di Peul arrestati senza che sia stato stabilito alcun legame con i gruppi terroristici.

Il documento chiede inoltre di indagare sull’assassinio di 16 notabili Peul nella frazione di Zanancoro, lo scorso giugno, sul “rapimento e la detenzione” nel campo militare di Alatona, nel circolo di Niono, di “diverse decine di persone per più di due mesi” e sull’”arresto e la detenzione” di 21 abitanti del villaggio di Diaba, vicino a Sofara.

Infine, l’associazione chiede al primo ministro Choguel Maiga, che lo scorso aprile ha parlato di una “ribellione Peul” in preparazione in Mali, e soprattutto al presidente di transizione, il colonnello Assimi Goita, di pronunciare rapidamente “un discorso di pacificazione”.

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