Macron al G7: cediamo all’Africa il 3% dei nostri vaccini

di Stefania Ragusa

Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, aveva lanciato il suo monito un paio di giorni fa: il 75% di tutti i vaccini covid-19 è stato somministrato solo in dieci paesi, mentre altri 130 paesi non hanno ancora ricevuto nulla. Non è una sperequazione inaccettabile oltre che terribilmente miope?

Deve averlo pensato anche il presidente della repubblica francese che, in un’intervista rilasciata al Financial Times, ha anticipato la proposta che si accinge a fare al G7 che inizia oggi (e che si tiene in videoconferenza. Emmanuel Macron vuole invitare i suoi partner a cedere una quota dei vaccini in dotazione (dal 3 al 5 per cento) ai paesi cosiddetti in via di sviluppo. Nella stessa intervista Macron ha definito “intollerabile” la diseguaglianza relativa all’accesso al vaccino e ha denunciato “i prezzi esorbitanti” imposti ai paesi africani per l’acquisto.

Indignata come l’Eliseo ma più propensa a una soluzione radicale è la Fondazione Mo Ibrahim, che si è rivolta proprio in queste ore all’Organizzazione Mondiale del commercio (Wto) per chiedere “un passo fondamentale per consentire l’accesso ai vaccini a tutti il ​​più rapidamente possibile”. Il passo è la sospensione temporanea dei diritti di proprietà intellettuale per consentire la produzione in Africa di vaccini anti-covid-19: “Questo è l’unico modo per garantire uno sforzo globale e coordinato per contenere il covid-19. Se c’è un’emergenza che dobbiamo affrontare, è questa”.

Come risponderà la neopresidente Ngozi Okonjo-Iweala (che per la verità formalmente non è ancora in carica ma lo sarà dal primo marzo)? Ci sono, teoricamente, varie ragione per essere ottimisti. Una è che Ngozi Okonjo-Iweala fa parte del comitato indipendente della fondazione Mo Ibrahim, e quindi in questo appello potrebbe esserci già il suo zampino. L’altra è che l’altro ieri anche lei ha preso una dura posizione sulla questione, mettendo in guardia contro il “nazionalismo del vaccino” che rallenterebbe per tutti i progressi nel porre fine alla pandemia covid-19 e potrebbe colpire la crescita economica indifferentemente la crescita economica di tutte le nazioni. «I Paesi più poveri non riescono ad accedere alle vaccinazioni, ma non dovrebbe essere così, non dovrebbero avere tempi di attesa più lunghi mentre nei Paesi ricchi i cittadini possono essere vaccinati con relativa semplicità», ha detto alla Bbc. «Nessuno è al sicuro finché tutti non sono al sicuro. Il nazionalismo dei vaccini in questo momento non può funzionare anche perché le varianti si stanno moltiplicando. Se altri Paesi non vengono immunizzati, nessuno sarà al sicuro».

(Stefania Ragusa)

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