di Gianfranco Belgrano
Il voto dell’ONU sulla guerra in Ucraina ha rivelato la volontà di molti Paesi africani di seguire un percorso autonomo, senza allinearsi ciecamente all’Occidente. Il filosofo Filomeno Lopes sottolinea come si fatichi ad accettare che l’Africa abbia una propria visione geopolitica. In un mondo dominato da interessi di potenza, anche l’Africa deve perseguire i propri obiettivi senza subire pressioni esterne.
Di recente, con alcuni amici si è tornati a parlare del voto dell’Assemblea Generale dell’Onu che nell’immediatezza del conflitto tra Russia e Ucraina sembrava dover mobilitare tutto il mondo contro Mosca. Molti osservatori leggevano, e leggono, quel voto come una chiamata alle armi dell’Occidente, dove votare “no” o astenersi equivaleva a stare dalla “parte sbagliata della storia”, ovvero dalla parte dei russi. Ebbene, in quell’occasione, l’Africa si divise più o meno in due, con una parte che votò a favore della risoluzione “occidentale” e una parte che preferì astenersi.
Un esito per alcuni “incomprensibile”. Come può l’Africa – o una buona parte di essa – voltare le spalle ai “difensori” della democrazia? Non capire i rischi legati a questo conflitto?
Per essere ancora più precisi, di questo ne parlavo con Filomeno Lopes, scrittore, filosofo e giornalista, nel corso dell’ultima edizione dei Dialoghi sull’Africa, evento che si tiene ogni anno a Milano su iniziativa della rivista Africa. Nella nostra chiacchierata, Lopes sottolineava un punto a mio parere molto importante e che provo a sintetizzare qui di seguito: si parla tanto di geopolitica e ultimamente anche di Africa, ma si fa fatica ad ammettere che l’Africa possa avere una sua idea e suoi interessi anche sostanzialmente diversi dalle vecchie potenze coloniali, o dall’Occidente in genere, che per secoli l’hanno occupata e violentata.
Si fa fatica in altre parole a leggere l’attualità storica secondo parametri diversi da quelli a cui noi qui in Italia siamo abituati. Come se la strada che porta alla verità sia unica e i custodi di tale verità siano a nord del Mediterraneo oppure oltre Atlantico.
Eppure, non mancano esempi di come le democrazie occidentali siano state molto poco democratiche quando si è trattato di imporre politiche e difendere interessi. Senza scomodare l’Iraq, viene in mente per esempio quanto accaduto in Libia pochi anni fa. Una buona lettura può essere il libro fresco di stampa di Giampaolo Cadalanu “Sotto la sabbia”, che racconta gli eventi che portarono alla caduta di Muammar Gheddafi e il corredo di falsi video e false informazioni diffusi ad arte in quei frangenti. Una precisazione: non sto facendo un discorso di sostegno politico a questa o a quella parte, sto semplicemente facendo un po’ di geopolitica nella sua accezione di studio “delle relazioni internazionali, fondate su rapporti di forza, per il controllo dello spazio e delle risorse” (Treccani).

Meglio dirselo chiaramente: l’Occidente ha degli interessi, la Russia ha degli interessi, la Cina ha degli interessi e tutti si muovono per raggiungere i rispettivi obiettivi, ora cercando alleanze ora facendo valere la forza. L’Occidente non è estraneo a questi giochi. Perché mai dunque l’Africa non dovrebbe assecondare i propri obiettivi, non dovrebbe coltivare partnership e amicizie senza in primo luogo tener conto delle proprie esigenze? Perché dovrebbe star dietro a quelle democrazie occidentali che, anche senza tornare al periodo coloniale, hanno dimostrato ancora oggi e in più occasioni che prima ancora dei valori della democrazia valgono per esempio gli interessi economici? E se ci pensiamo bene, la lista delle cose che vengono prima dei valori democratici è lunga e per queste cose non siamo disposti a rinunce o a marce indietro.
Lo sforzo deve essere allora quello di guardare a quanto avviene nel mondo in maniera diversa, con onestà; usare solo una prospettiva senza nemmeno tentare di capire i motivi dell’altra parte può essere fuorviante. E uno degli strumenti che abbiamo a disposizione, oltre a quello di una buona informazione, è la storia.