Kenya – «Doping diffuso, ma non istituzionale»

di Enrico Casale
atleti keniani

Per mesi, diverse organizzazioni antidoping hanno condotto uno studio sul sistema di doping degli atleti keniani. Usando statistiche, interviste con atleti di primo livello, allenatori, professionisti della salute. Ne è emerso un sistema corrotto unico al mondo per le sue caratteristiche.

Lo studio innovativo è stato realizzato da agenzia mondiale antidoping (Wada), l’agenzia keniana antidoping (Adac) e l’Athletic integrity unit. «Siamo tutti preoccupati. Il fenomeno è serio», spiega uno degli analisti. Il Kenya è risultato essere uno dei tre Paesi in cui gli atleti sono i più drogati. Dal 2015, la nazione ha conosciuto dozzine di casi di doping.

Il rapporto mostra che il fenomeno non è organizzato, che non è il prodotto di una programmazione statale o di una rete criminale. Sono gli stessi sportivi a volerlo. Non ci sono prove di doping «istituzionalizzato», conclude il rapporto. «Alcuni non sanno nemmeno che le droghe hanno conseguenze», spiegano alla Wada. I campioni keniani possono facilmente accedere a prodotti vietati andando in farmacia o durante un trattamento medico. Molti non conoscono le regole anti-doping.

Il nandrolone è la sostanza più utilizzata. Economico, questo steroide è facilmente accessibile e può essere usato per via orale. Il sondaggio non annuncia ancora misure concrete.

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