Io vengo da. Corale di voci straniere

di Stefania Ragusa

A Mantova comincia il 4 settembre Festivaletteratura e noi invitiamo i lettori di Corriere delle Migrazioni a segnare (almeno) queste due date: il 5 e l’8 settembre. In quei giorni e in prima nazionale, Daniele Aristarco presenterà il suo ultimo libro, pubblicato per Einaudi Ragazzi: Io vengo da. Corale di voci straniere. Noi abbiamo avuto il piacere di leggerlo ancora in bozze e di restarne molto favorevolemnte colpiti. In primo luogo per ciò che, nonostante il titolo, questo libro non è.

Daniele Aristarco

Ci aspettavamo resoconti dettagliati di percorsi migratori ricostruiti con gli occhi dell’infanzia (Aristarco è infatti un autore per ragazzi). Ci siamo trovati di fronte a testimonianze minute, letterarie e fantasiose, tenute insieme dal tema del viaggio: di poche ore, di migliaia di chilometri; viaggio nel tempo, nella fantasia, nel ricordo. Pochi dati, molti sentimenti. Protagonisti che, sotto mentite spoglie (i nomi sono tutti di fantasia), acquistano spessore e trovano spazio, in particolare, nelle aule scolastiche. Ai suoi allievi (studenti di scuola media ma anche di italiano L2) l’autore ha chiesto di raccontare da dove venissero, chiarendo che il viaggio poteva e doveva essere inteso nelle sue infinte, possibili declinazioni.

Così c’è Mircea, che propone un racconto mitico ascoltato molte volte dal nonno e che trova il suo apice e il suo senso nell’affermazione: «E, insomma, veniamo dal fango e viaggiare è l’unico modo che abbiamo per non restarci». C’è Riccardino, che in teoria arriva da Roma, da quella via dei Cessati Spiriti dove si trova la tabaccheria di famiglia, ma sembra invece giungere da un’altra epoca, senza smartphone, senza internet, scandita dalla noia dei pomeriggi d’estate e dalla bellezza dei tramonti.

C’è Osman, che ha camminato a piedi dal politicamente inesistente Kurdistan, e che potrebbe assegnarsi facilmente una provenienza geografica, ma preferisce affermare: «Vengo da Afrest, mio padre, da Ashti, mia madre, e da Fuad, mio fratello minore». E, a proposito delle frontiere, aggiunge: «Non le ricordo ma ne porto i segni, perché per attraversarle abbiamo dovuto faticare. Non le ricordo e non le voglio ricordare. Anzi, vorrei trovare un giorno il modo di abbatterle».

Poi c’è Radoua, che viene dall’invisibilità e che affida il suo racconto a una compagna. Dopo la morte della mamma, è rimasta per molti anni confinata in casa, ad accudire il padre e i fratellini, senza poter andare a scuola. Sono intervenuti un caso fortunato e l’intuito di una professoressa a scompaginare le carte, e Radoua, che ancora non parla italiano ma riesce a farsi capire bene con gli occhi, ha potuto scoprire l’esistenza di una nuova dimensione. «Ho sempre cercato di stare un passo indietro rispetto ai protagonisti e amato tutte queste storie – ci ha detto Aristarco –. Ma se ce n’è una che ho avuto più a cuore delle altre probabilmente è proprio quella di Radoua, per il suo portato di sofferenza e gentilezza».

I racconti, le testimonianze, sono intervallati da capitoli in cui l’autore, con precisione ma sempre attraverso un linguaggio accessibile, offre ai suoi giovani lettori gli strumenti per addentrarsi in una delle tematiche più controverse del nostro tempo: le migrazioni. E non solo quelle di oggi. Aristarco ricostruisce il passato italiano, spiega il concetto di rotte, chiarendo per esempio in cosa differiscano dalle strade. Si misura anche con il famigerato complotto ordito da imperscrutabili poteri forti per sostituire la popolazione europea con altre di importazione…

L’orizzonte in cui si muove, a ben vedere, non è quello della lotta al razzismo ma piuttosto quello della costruzione e del riconoscimento di una società meticcia. La scuola, in tutto questo, ha un ruolo molto importante. La scuola, come sostiene la professoressa Napucci, quella che ha fatto sì che Radoua uscisse dall’invisibilità, è o dovrebbe essere «il luogo in cui tutto è possibile, le differenze si annullano, dove i ragazzi che non conosci dividono con te la merenda».

Io vengo da è un libro di lettura ma anche un testo per le scuole. Da adottare, leggere e discutere in aula. E non è solo per i più piccoli. Può servire ad adulti poco avvezzi a questioni come la mixité, le migrazioni, il meticciato, la memoria. O anche a quelli così tanto avvezzi da non riuscire più a immaginare un linguaggio in grado di raggiungere i profani o i disinteressati. C’è tanto lavoro da fare e servono strumenti. Daniele Aristarco la sua parte l’ha fatta: ne ha messo a disposizione di tutti uno assai valido. Adesso tocca a noi – insegnanti, attivisti, educatori, giornalisti, persone comuni – farne l’uso migliore.

(Stefania Ragusa – direttore@corrieredellemigrazioni.it)

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