Etiopia, International Crisis Group: la crisi in Tigray può estendersi al Sudan

di claudia
guerra in Tigray Etiopia

La comunità internazionale dovrebbe radunarsi attorno alla missione di pace dell’ex presidente nigeriano Olusegun Obasanjo in Etiopia. L’alternativa è che la guerra civile si estenda non solo all’interno del Paese, ma anche all’estero e, in particolare, in Sudan. È l’invito dell’International Crisis Group (Icg) in un rapporto, pubblicato ieri, sul conflitto civile tra il governo federale di Addis Abeba e la regione settentrionale del Tigray.

Gli scontri sono scoppiato undici mesi fa quando le forze federali hanno lanciato un’operazione militare contro l’amministrazione regionale del Tigray. Dopo una prima fase nella quale i tigrini hanno subito l’offensiva dell’esercito, sostenuto da reparti eritrei e milizie amhara, hanno contrattaccato rioccupando tutto il Tigray e alcune zone delle regioni confinanti.

Il rapporto non è ottimista sul futuro. Indicando le incursioni delle forze del Tigray in altre aree, il rapporto afferma che i leader del Tigray “sembrano destinati ad aumentare la pressione sui governi federale e di Amhara”. Da parte sua, il governo federale ha rinnovato le restrizioni sugli aiuti inviati al Tigray, aggravando una carestia lì, “e ha anche acquistato armi, reclutato decine di migliaia di combattenti e, più recentemente, ha lanciato una nuova campagna per invertire i guadagni del Tigray”.

In aggiunta alle tensioni, ad agosto il Tigray ha stretto un’alleanza con l’Esercito di Liberazione Oromo (Ola), che si batte per l’autodeterminazione della regione. Il rapporto dell’Icg suggerisce che l’insurrezione dell’Ola “sembra prendere slancio” e avverte che la sua alleanza con il Tigray “ha aumentato la probabilità di una guerra civile totale”.

La minaccia che il Sudan venga coinvolto nel conflitto deriva dalla possibilità che le forze del Tigray utilizzino il Sudan orientale come via di rifornimento per approvvigionarsi di armi. “Addis Abeba considererebbe qualsiasi assistenza sudanese ai leader del Tigray, compresa la facilitazione degli aiuti, come un atto ostile, che spinge i due Paesi verso un conflitto aperto”, afferma l’Icg.

“Le relazioni tra Addis Abeba e Khartoum sono già a un punto morto – è scritto nel rapporto -, principalmente a causa delle controversie sulla Grande diga rinascimentale etiope che l’Etiopia sta costruendo sul Nilo Azzurro, che colpisce l’approvvigionamento idrico del Sudan a valle, e al-Fashaga, i contesi terreni agricoli adiacenti alla costa occidentale Tigray, che il Sudan ha occupato a dicembre”.

Il rapporto dell’Icg aggiunge: “Una volta baluardo della sicurezza nel Corno, l’Etiopia diventerebbe fonte di crisi, rappresentando una grave minaccia per la stabilità della regione”. Le possibilità di dialogo al momento sono scarse, afferma il rapporto, e “l’atmosfera politica nel Paese rimane velenosa come dimostra la retorica belligerante e a volte odiosa, in particolare da parte federale”.

La nomina dell’ex presidente Obasanjo – scelto come mediatore dal presidente della Commissione dell’Unione africana, Moussa Faki Mahamat – è stata accolta con scetticismo da molti. Ma il Crisis Group afferma che le prospettive di pace potrebbero migliorare se le pressioni interne ed esterne sono uniscono alla “stanchezza della guerra” e a una situazione di stallo tra le parti in guerra.

A quel punto, Obasanjo “sarà nella posizione migliore per mediare una distensione che porti a un cessate-il-fuoco che possa aiutare a stabilizzare un’Etiopia sempre più fragile. Attori esterni come Stati Uniti e Unione Europea, così come i vicini dell’Etiopia, dovrebbero aiutare a preparare il terreno per questo momento sostenendo Obasanjo”.

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