Etiopia, il Tplf dichiara di aver respinto l’offensiva di Abiy

di claudia

“Al terzo giorno della cosiddetta offensiva finale di Abiy, le nostre forze hanno respinto il nemico e catturato la maggior parte delle posizioni di comando su tutti i fronti”: è quanto ha scritto su Twitter il portavoce del Fronte popolare di liberazione del Tigray (Tplf), Getachew Reda, che due giorni fa aveva annunciato in un comunicato la ripresa delle ostilità “su tutti i fronti” nel Nord dell’Etiopia. Addis Abeba non ha finora confermato o commentato la ripresa delle ostilità, annunciata due giorni fa sempre dell’ex partito che ha dominato la scena politica etiopica fino all’arrivo al potere di Abiy Ahmed, nel 2018, finito lo scorso maggio nella lista delle organizzazioni terroristiche alla luce del conflitto iniziato nel novembre 2020 nella regione settentrionale del Tigray.

Alti funzionari occidentali interpellati dal New York Times hanno confermato l’avvio della nuova offensiva nella regione Amhara. Raggiunto telefonicamente dal quotidiano americano, il generale Tsadkan Gebretensae, membro del comando centrale delle forze del Tplf e suo principale stratega, ha dichiarato che le forze etiopi hanno iniziato l’operazione militare venerdì scorso, con un bombardamento contro le loro postazioni, per passare poi, lunedì scorso, all’offensiva di terra che vede coinvolti migliaia di combattenti.

Dopo il cessate il fuoco unilaterale dichiarato a giugno dal governo di Addis Abeba, respinto dal Tplf, i combattenti del Tplf sono entrati nelle vicine regioni Amhara e Afar con il dichiarato obiettivo di “ridurre le capacità di combattimento del nemico”. Di fronte all’allargarsi del conflitto, le autorità hanno lanciato appelli per il reclutamento di forze armate a cui hanno risposto migliaia di giovani etiopici.

“Il nemico si è preparato per mesi, come noi”, ha detto Tsadkan, il generale che ha costruito l’esercito etiopico ed è stato per un decennio capo di Stato maggiore, secondo cui il conflitto in atto rappresenterà un “momento decisivo” per il Paese. “Le conseguenze saranno militari, politiche e diplomatiche. Non credo che sarà una lotta prolungata, una questione di giorni, molto probabilmente di settimane”.

Un funzionario occidentale ha riferito al Nyt anche dell’acquisto da parte del governo di Abiy di nuovi droni fabbricati in Iran, Turchia e Cina, sebbene non sia chiaro chi li abbia poi forniti all’Etiopia. I siti web che tracciano il traffico aereo internazionale hanno registrato nelle ultime sei settimane decine di voli cargo dagli Emirati Arabi Uniti, e alcuni dall’Iran, verso le basi dell’aeronautica etiopica. Già durante gli scontri dello scorso novembre i leader del Tplf accusarono gli Emirati arabi uniti di inviare droni a sostegno del governo, usati per eliminare gran parte dell’artiglieria del Tigray, costringendo le sue forze a riparare nelle zone di montagna.

Alla nuova offensiva partecipano di nuovo le milizie Amhara, mentre non è ancora chiaro se ci sia il coinvolgimento delle truppe eritree, come avvenuto nella prima fase del conflitto. Due funzionari occidentali hanno detto al Nyt che le forze eritree si troverebbero nella città di Humera, rivendicata dagli Amhara, al confine con l’Eritrea. “Se la comunità internazionale sta cercando seriamente di arrivare a una soluzione pacifica – ha detto il generale che guidò il conflitto del 1998-2000 tra Etiopia ed Eritrea – non ci sarà alcun accordo se non ci si occupa di Isaias (Afewerki, presidente eritreo, ndr)”.

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