Burkina Faso: il potere nelle mani dei militari, rischio caos per l’intero Sahel

di claudia
militari burkinabè

Quello che sta accadendo in Burkina Faso ha tutta l’aria di essere un colpo di stato, anche se le conferme in tal senso sono poche e contraddittorie. Di sicuro l’arresto del presidente Roch Marc Christian Kaboré è un segnale che i militari hanno in mano le redini del potere, ma nessuno, al momento, può dire come si evolverà la situazione nel paese.

di Angelo Ferrari

Potrebbe accadere, come sta succedendo in Mali, Guinea e Sudan, che si andrà verso una transizione guidata dai militari, con tutte le incognite che questo scenario contiene. Tutto è cominciato nella giornata di sabato dove è stata repressa, a suon di gas lacrimogeni, una manifestazione della società civile che chiedeva soluzioni sia alla penetrazione jihadista che alle numerose sofferenze economiche e sociali in cui versa il paese. Poi, nella giornata di ieri, sono risuonati colpi d’armi da fuoco in varie caserme della capitale Ouagadougou che facevano pensare a un ammutinamento su vasta scala dei militari, però presto smentito dall’ufficio del portavoce del governo. E questa mattina l’arresto del presidente – in custodia in una caserma della capitale – ha fatto precipitare la situazione, gettando nel caos e nell’incertezza il Burkina Faso e confermando che l’ammutinamento, in effetti, c’è stato. L’instabilità del paese si va a sommare, poi, con l’insicurezza che sta coinvolgendo tutta la regione, il Sahel, dove l’intervento militare francese ed europeo contro il terrorismo non stanno avendo gli effetti sperati, anzi, non hanno arginato la penetrazione jihadista e hanno fatto crescere l’insofferenza della popolazione verso l’ex colonia. Il colpo di Stato in Burkina Faso può diventare un’altra spina nel fianco della Francia e dell’intero occidente, visto il coinvolgimento di altre forze europee, anche italiane, con l’operazione Takuba.

Da quel poco che si riesce a sapere le redini del potere sembrano essere nelle mani del tenente colonnello Paul-Henri Sandaogo Damiba che ha messo in atto il colpo di stato e ha arrestato il presidente Kaboré, che nella mattina ha tentato di fuggire dalla sua residenza a bordo di un veicolo “non contrassegnato”, cioè anonimo. Questa notizia, inoltre, è confermata da diverse fonti di InfoAfrica secondo le quali Damiba è tra gli ufficiali di fanteria che guidano le truppe burkinabé sul fronte della guerra interna contro i gruppi islamisti. Truppe molto giovani e da tempo molto critiche con il governo, accusato di non occuparsi della corruzione (anche nell’esercito), di avere stipendi poco adeguati e di essere male addestrati, le stesse accuse che, mesi fa, mossero i militari maliani guidati da Assimi Goita al colpo di stato a Bamako in Mali, definendo, così, una sorta di simmetria con il vicino Mali. Ciò che inquieta, poi, è la notizia della liberazione del generale Gilbert Diendéré – nel 2015 instaurò un regime militare deponendo Michel Kafando – che è stato rilasciato dagli ammutinati ed è attualmente al sicuro a Camp Laminzana. Diendéré è anche uno degli imputati più importanti alla sbarra del processo Sankara. Se la notizia fosse confermata getterebbe un’ulteriore ombra su un’operazione dell’esercito, fino ad ora, poco chiara. Nel paese, intanto, è stato decretato un coprifuoco su tutto il territorio nazionale e le scuole di ogni ordine e grado sono state chiuse per preservare la sicurezza di studenti, insegnanti e personale.

Nel corso degli ultimi sei anni il terrorismo jihadista ha preso sempre più piede nel paese, gli attacchi si sono moltiplicati facendo crescere il malcontento nella popolazione e, come abbiamo visto, anche tra le fila dei militari. Dall’inizio delle violenze sono morti oltre 500 soldati. L’insicurezza ha portato anche alla chiusura di oltre 3mila scuole, pari al 13% delle strutture educative del Burkina Faso, privando oltre mezzo milione di studenti del diritto all’educazione. A causa del terrorismo il numero degli sfollati interni, inoltre, è cresciuto a dismisura superando la cifra di 1,5 milioni di persone, tra questi il 61% sono bambini, il 22% donne e il 16% uomini.

Il Burkina Faso, paese ad altissima vocazione agricola e mineraria, si colloca al 144esimo posto su 157 paesi nel nuovo indice del capitale umano stabilito dalla Banca Mondiale e il 40,1% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà. Nel 2020 il Pil reale è cresciuto di appena 1.9% e in seguito alla pandemia l’inflazione è tornata positiva nello stesso anno (3,2% rispetto a -3,2% nel 2019) trainata dagli alti prezzi dei generi alimentari e dall’aumento dei costi di affitto e dei prezzi dell’energia. Costi che impattano direttamente sulla vita quotidiana delle persone. 

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