Angola – Espulsi migliaia di congolesi

di Enrico Casale
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Tra i 52 e le 78mila congolesi hanno attraversato il confine angolano negli ultimi dieci giorni, secondo le cifre raccolte dall’Ufficio dell’Alto Commissariato per i Rifugiati (Acnur). Congolesi che erano espatriati in Angola e che l’Angola ha espulso, anche con l’ausilio delle forze armate, perché li ritiene irregolari. Molti giovani, ma anche donne e bambini che spesso hanno perso tutto e non sanno dove andare. Le Ong hanno avvertito le autorità che la situazione potrebbe diventare esplosiva.

È come essere a Kinshasa. Questo è ciò che avviene a Kamako, una piccola città al confine con l’Angola. Le strade sono piene. Marie Ngonza è arrivata due giorni fa con suo marito e sua figlia. Ha lasciato Lucapa, a 150 chilometri di distanza, come molti altri espulsi congolesi. Generosa e fortunata a essere ospitata da suo fratello, ma è impotente di fronte alla situazione: «Non abbiamo soldi, non abbiamo nulla. Siamo tornati in Rd Congo. Non sappiamo cosa potremmo fare se non avessimo una famiglia. Ci sono altre persone che non hanno aiuti di alcun tipo. Vivono con difficoltà, non hanno posto dove dormire».

Gli espulsi se ne vanno a mani quasi vuote. Le loro proprietà csono state onfiscate dalle autorità angolane. Senza soldi, come è possibile tornare alla propria città? Emmanuel Buabua ha lavorato per tre anni nelle cave in Angola. Sua moglie e i sei figli sono a Kinshasa e non sa come unirsi a loro: «Abbiamo una grande famiglia. E non sappiamo come ricongiungerci. Non sappiamo cosa fare. Non abbiamo un lavoro e non abbiamo niente».

Le Onh hanno contattato le autorità. Gli espulsi devono poter tornare a casa. Nelle piccole città di confine senza infrastrutture adeguate, la situazione sanitaria sta diventando critica, come spiega Bellarmin Mbango dell’organizzazione War Child: «Chiederemo che la situazione sia considerata molto seriamente, perché sono molte le persone chi sta arrivando E non vorremmo che scoppiasse un’epidemia, che sarebbe molto difficile da gestire».  Nel frattempo, un po’ sopraffatte dagli eventi, le Ong stanno cercando di organizzarsi.

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