Libia – L’intesa ci sarà, ma quali effetti avrà?

di Enrico Casale
Libia

È tutta in salita la strada per un governo di unità nazionale in Libia. Ieri sera a sorpresa i presidenti dei due parlamenti rivali di Tobruk e Tripoli hanno annunciato che, nonostante i progressi fatti, c’è bisogno di più tempo, dunque oggi non ci sarà alcuna firma. «La comunità internazionale – hanno fatto intendere le parti – non interferisca con la volontà libica». Tanti i festeggiamenti nella notte a Tripoli. Ma ieri mattina è arrivata la smentita del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza: tutto regolare, la firma sarà oggi. Si è trattato semplicemente di un equivoco, come è stato detto o ci sono ancora perplessità e il rischio che la firma salti del tutto? «Il rischio che tutto salti c’è sempre – spiega Arturo Varvelli ricercatore dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, responsabile area terrorismo -. Il problema vero, l’equivoco, è nato dal fatto che siamo passati a questo piano B che di fatto prevede non siano i due parlamenti di Tobruk e di Tripoli a ratificare l’accordo raggiunto, ma che siano singoli parlamentari di entrambe le parti. Il tentativo di Kobler,delle Nazioni Unite e dell’Italia in questo momento è di fatto quello di ottenere una maggioranza di firme di parlamentari. Quindi da qui abbiamo visto la fronda che ieri è sorta da parte dei due presidenti che in realtà sono stati bypassati perché naturalmente ognuno è legato alla propria posizione e continua a reiterare la propria posizione di potere».

Rispetto a quanto stabilito a Roma, il 13 dicembre, proprio nella conferenza sulla Libia, è cambiato qualcosa, è successo qualcosa?
È successo che è stata esplicitata l’opposizione da parte di alcuni gruppi interni al Paese. Quindi quella delle Nazioni Unite, di Kobler e dell’Italia e anche degli Stati Uniti, si profila come una sorta di scommessa: la scommessa è quella di creare un accordo e attorno a quell’accordo coagulare i vari pezzi del Paese. Certamente ci sono motivazioni per essere scettici su questo approccio. Se da una parte esso risulta intelligente e opportuno, quanto mai per bypassare i vincoli che venivano imposti da queste due persone o da questi gruppi  che in realtà non rappresentano nessuno, dall’altra parte ancora non abbiamo una visione chiara di chi appoggi questo accordo, di quali attori locali e milizie che sono sul terreno e che detengono realmente il potere, siano un “board” in questo accordo. Penso che quello in cui si confida – e per questo dico che è una scommessa – è che, avendo un governo di unità nazionale protetto e spinto a livello internazionale, molti degli attori locali decidano di salire a bordo, di farne parte, piuttosto che venirne esclusi e poi essere sanzionati dalla comunità internazionale. Tutto questo però, certamente, rimane molto rischioso ed è una sorta di scommessa.

Quindi il ruolo della comunità internazionale è questo, fare un po’ da ente «minaccioso», da monito per chi non aderisce?
Certamente, per come sono state condotte la trattative nelle ultime settimane, la comunità internazionale ha cambiato passo. Questo è successo per diverse motivazioni, a cominciare da quanto è successo a Parigi, che ha evidenziato quanto la sicurezza di questi Paesi dell’area mediterranea sia legata alla sicurezza europea, poi anche al fallimento di Bernardino León, certamente Bernardino León, ha fallito nelle ultime settimane e si è svelato quanto gli attori internazionali e regionali, gli Emirati, l’Egitto, influiscano e interferiscano in queste vicende. E quindi si è creata una sorta di finestra temporale nella quale l’Italia, con l’appoggio della comunità internazionale e delle Nazioni Unite hanno fatto una forte pressione per arrivare a questo risultato. Vedremo domani e questo risultato si concretizzerà o poi sarà possibile implementarlo realmente.

E soprattutto quanto consenso effettivo avrà…
Questa è un po’ realmente la scommessa! Mi sembra una scommessa un po’ disperata, come è richiesta però dalla situazione della Libia, che mi pare una situazione molto disperata.

Situazione che si porta con sé un grosso problema non solo politico ma anche socio-economico se pensiamo alla questione dei migranti, e Is che avanza?
Sì, non possiamo neanche pensare che magicamente un accordo possa risolvere tutte queste questioni, potrebbe essere un primo passo che rimanda alla necessità di ricostruzione di uno Stato.
(17/12/2015 Fonte: News.va)

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