24/04/2014 – Centrafrica – Vescovo di Bossangoa: il nord terra di nessuno

di AFRICA

 

Da 48 ore la località di Bouca, nella regione settentrionale dell’Ouham, è assediata da ex combattenti Seleka arrivati dalla città di Batangafo. I morti sono già una decina mentre centinaia di civili sono scappati nelle foreste dopo che i religiosi della locale chiesa cattolica sono stati evacuati dai soldati francesi di Sangaris. Non è bastata a fermare i ribelli la presenza a Bouca di un contingente gabonese della missione africana Misca.

“Da Batangafo a Markounda, fino al confine col Ciad, il territorio centrafricano è una zona dove i diritti sono calpestati. Per quanto tempo ancora dovremo continuare a contare i nostri morti, fino al dispiegamento dei caschi blu il prossimo settembre?” dice alla MISNA monsignor Nestor Nongo Aziagbia, vescovo della diocesi di Bossangoa, situata a 105 chilometri da Bouca. A fare le spese dell’insicurezza diffusa nel nord del paese è stato lo stesso monsignor Aziagbia, rapito la scorsa settimana con alcuni preti da un gruppo di ex ribelli Seleka, ma tornato libero dopo alcune ore di prigionia.

“Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha approvato una risoluzione che ordina il disarmo di tutti i combattenti senza alcuna condizione. Invece questi continuano a essere liberi e a commettere violenze in tutta impunità” denuncia alla MISNA monsignor Aziagbia, chiedendo “l’applicazione immediata della risoluzione” ma soprattutto il “potenziamento delle missioni africane e francesi per risparmiare vite umane”.

Tornando sul suo rapimento, il vescovo di Bossangoa precisa che si è trattato di una “vendetta personale” da parte di Salet Zabadi, un colonnello ciadiano della Seleka, già comandante di zona, scappato dai soldati francesi di Sangaris mentre era in corso l’accantonamento dei suoi uomini. “Sulla mia testa è stata messa una taglia dai Seleka, che hanno anche stilato un elenco di personalità da eliminare. Sono stato accusato di aver fatto fallire il loro piano di occupazione delle città di Bossangoa e Bouca, di trasmettere informazioni a Sangaris e a Misca ma soprattutto di essere un generale delle milizie di autodifesa Anti-Balaka” racconta monsignor Aziagbia, rilasciato grazie a forti pressioni sul colonnello Zabadi esercitate dall’arcivescovo di Bangui, da diversi attivisti impegnati nella difesa dei diritti umani e da altri elementi della Seleka.

“In questo contesto particolarmente incerto e difficile, invito tutti i centrafricani a non perdere fiducia e speranza ma soprattutto a dare prova di solidarietà mentre si trovano soluzioni alla crisi” aggiunge il vescovo di Bossangoa, auspicando che le autorità di transizione in carica a Bangui “si assumano finalmente le proprie responsabilità”, attuando “provvedimenti necessari” con “maggiore volontà politica”. Monsignor Aziagbia avverte che “fare di tutta l’erba un fascio è molto pericoloso: sia tra i Seleka che tra gli Anti-Balaka ci sono elementi pericolosi ma anche persone buone”. Il vescovo, poi, rifiuta “contrapposizioni riduttive che rischiano di dividere ulteriormente il nostro paese”.

Intanto a Bria, considerata la ‘capitale’ nazionale dei diamanti, al centro del paese, sono stati dispiegati i primi gendarmi centrafricani, che sono di pattuglia in quello che fino a poche settimane fa era il feudo degli ex ribelli Seleka. – Misna

 

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