Salta l’accordo di potere tra Tshisekedi e Kabila. Rischio instabilità in Rd Congo

di Raffaele Masto

Rischia di saltare l’accordo non scritto tra il presidente della Repubblica democratica del Congo Félix Tshisekedi e l’ex presidente Joseph Kabila.

La coalizione Rotta per il Cambiamento, che riunisce i partiti sostenitori del presidente congolese, ha interrotto «ogni tipo di dialogo» con il Fronte comune per il Congo, coalizione guidata dall’ex presidente Joseph Kabila.

Il motivo della rottura appare del tutto pretestuoso, segno che evidentemente le relazioni erano già diventate difficili. Pare che un gruppo di persone abbia dato alle fiamme un manifesto di Tshisekedi nella città sud-orientale di Kolwezi. Il gesto è stato considerato dai seguaci del presidente offensivo, e ciò è bastato perché le relazioni fossero interrotte.

L’episodio è avvenuto dopo che la scorsa settimana Martin Fayulu, candidato per la coalizione di opposizione Lamuka alle elezioni presidenziali del 30 dicembre 2018, ha invitato la classe politica congolese a un dialogo politico per organizzare nuove elezioni entro 18 mesi.

Fayulu ha da subito denunciato le elezioni di dicembre 2018 e si è sempre dichiarato il vero vincitore. In sostanza, aveva detto – e aveva anche ottenuto un certo credito internazionale, soprattutto dalla Francia e dalla Chiesa cattolica che lo sostenevano – che tra Tshisekedi e Kabila ci fosse un accordo segreto per una sorta di “ticket presidenziale”. Il primo, in cambio di un nullaosta a salire alla carica di presidente, avrebbe promesso al secondo di poterci tornare alla prossima consultazione.

Ora stando ai recenti fatti quell’accordo potrebbe essere saltato. In Tal caso la Repubblica Democratica del Congo potrebbe tornare a vivere un periodo di incertezza e di tensione in un contesto che è già molto critico, con una serie di crisi interne sempre pronte ad esplodere (Kivu, Kasai, Ituri).

Fayulu, evidentemente, ha capito che l’alleanza al potere è al capolinea e vuole prepararsi per le elezioni. Sa bene però che prima deve riuscire a cambiare alcuni gangli determinanti del potere. “Il prerequisito per le prossime elezioni – ha detto – è che ci siano prima delle riforme che ci consentano di avere istituzioni degne di questo nome. Il popolo non si fida di questa Commissione elettorale nazionale indipendente, il popolo non si fida di questa Corte costituzionale”. Fayulu ha fatto una proposta: quella di istituire un Consiglio superiore per riformare le istituzioni e garantire lo svolgimento di elezioni anticipate aperte a tutti.

In base ai risultati ufficiali proclamati dalla Commissione elettorale, le elezioni del dicembre 2018 sono state vinte da Tshisekedi con il 38,57 dei voti contro il 34,83 ottenuto da Fayulu e il 23,84 per cento di Emmanuel Shadary, candidato dell’ex presidente Joseph Kabila, il quale non ha corso per un terzo mandato ma, come detto, ha mantenuto un forte controllo sulla vita politica del paese. I risultati sono stati contestati da diverse organizzazioni internazionali e dallo stesso Fayulu, che ha parlato di un “colpo di Stato elettorale” e ha rivendicato la propria vittoria, presentando ricorso alla Corte costituzionale, che lo scorso 21 gennaio ha tuttavia respinto il ricorso e convalidato la vittoria di Tshisekedi.

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