Ruanda, la paura e i ricorsi dei richiedenti asilo nel Regno Unito

di claudia
migranti, rifugiati

di Andrea Spinelli Barrile

Diverse agenzie umanitarie internazionali affermano che alcuni richiedenti asilo in Gran Bretagna si sono nascosti a causa del timore di essere inviati in Ruanda, come previsto dal recente accordo firmato tra Londra e Kigali sui richiedenti asilo nel Regno Unito, in base al quale le persone ritenute entrate illegalmente nel Paese rischiano di essere trasportate in aereo in Ruanda per il reinsediamento, in attesa di una risposta dalle autorità britanniche.

La Croce rossa e l’Agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite (Unhcr) sostengono in un comunicato congiunto che la minaccia dell’allontanamento ha spinto alcuni dei richiedenti asilo ad atti di autolesionismo e una persona avrebbe persino tentato il suicidio. Per tali ragioni, e non solo, i due enti umanitari hanno criticato i piani del governo britannico accusandolo di “una violazione del dovere di diligenza”. Inoltre, l’Unhcr sostiene che questa politica di respingimento possa essere adottata da altri paesi europei: “Siamo preoccupati” che gli inglesi “stiano invitando tutte le loro controparti europee a fare lo stesso. Posso capire dal loro punto di vista perché lo farebbero: darebbe a tali accordi una maggiore legittimità percepita se altri facessero lo stesso”, ha dichiarato all’Observer, Larry Bottinik, rappresentante ad interim dell’Unhcr in Gran bretagna. La Danimarca ha già manifestato interesse per adottare un sistema di respingimento simile e sono in corso da tempo trattative con il Rwanda.

Di tutta risposta il ministero dell’Interno britannico ha detto di voler fare ogni sforzo per prevenire l’autolesionismo o il suicidio e ribadisce che la sua politica può distruggere il modello di business dei trafficanti di esseri umani. Il provvedimento è, tra l’altro, retroattivo: sono migliaia i richiedenti asilo, tra cui molte famiglie con bambini, attualmente in territorio britannico che temono di ricevere la temuta lettera dal ministero degli Interni che annuncia il trasferimento in Ruanda in attesa della valutazione da parte inglese del loro status. Intanto, martedì lo studio legale di Nottingham, specializzato in diritto internazionale, InstaLaw ha presentato la prima contestazione formale al piano di reinsediamento Londra-Kigali, sostenendo che che le proposte della ministra degli interni britannica Priti Patel sono contrarie al diritto internazionale e alla Convenzione delle Nazioni unite sui rifugiati, oltre a violare la legge britannica sulla protezione dei dati personali.

Secondo i legali, il piano è “una trovata pubblicitaria” volta a scoraggiare l’attraversamento della Manica. Il ministero dell’Interno ha ora tre settimane per rispondere alle contestazioni: un eventuale processo potrebbe portare alla contestazione di Patel di fronte all’Alta corte inglese.

Lo studio legale cita il caso di un cittadino iraniano che rischia di essere trasferito in Ruanda in attesa che Londra decida sulla richiesta di asilo: “Potrebbe essere l’unico iraniano nel Paese, non c’è una rete lì, nessuna comunità, nessuno che parla la lingua. Come farà a cavarsela, sopravvivere? Come farà a trovare un lavoro, a ottenere un’istruzione?” ha detto al Guardian Stuart Luke, avvocato e partner di InstaLaw. Un portavoce del ministero dell’Interno ha tuttavia dichiarato all’Observer che “la nostra partnership con il Ruanda è pienamente conforme al diritto internazionale e nazionale. Difenderemo con fermezza qualsiasi sfida legale”.

Secondo un dossier preparato dall’organizzazione Detention action, che con altre organizzazioni inglesi sta valutando di presentare un’azione legale contro il governo britannico, i migranti Lgbtqi+ potrebbero essere soggetti a “discriminazioni”.

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