A Kinshasa esplode la rabbia per l’inerzia della comunità internazionale di fronte all’avanzata dei ribelli dell’M23 – sostenuti dal Ruanda – nell’Est della Repubblica Democratica del Congo. Migliaia di manifestanti attaccano le ambasciate di Francia, Belgio, Kenya e Uganda, accusando il governo di Kigali di alimentare il conflitto. Intanto, le missioni militari straniere falliscono nel contenere le violenze, mentre la diplomazia non trova soluzioni.
di Marco Trovato
Tumulti, saccheggi e attacchi a diverse ambasciate, tra cui quelle di Francia e Belgio. La rabbia della piazza è esplosa oggi a Kinshasa, capitale della Repubblica Democratica del Congo, dove migliaia di manifestanti sono scesi in strada per protestare contro l’immobilismo della comunità internazionale di fronte al deteriorarsi della sicurezza nell’Est del Paese. Qui, i ribelli dell’M23 – gruppo armato anti-governativo sostenuto dal Ruanda – continuano la loro avanzata, stringendo sempre più la città di Goma, capoluogo del Nord Kivu, in una morsa di violenza e paura. I recenti scontri hanno seminato il panico tra i civili, costringendo migliaia di famiglie a fuggire dalle proprie case.
La situazione è talmente critica da aver spinto il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a convocare una riunione d’emergenza per scongiurare il rischio di una guerra regionale.
Il Ruanda nel mirino, la rabbia della piazza
A Kinshasa, la protesta si è trasformata in un’ondata di furia contro il Ruanda, accusato apertamente di fomentare l’instabilità nell’est del Congo e di sfruttarne impunemente le risorse naturali. Un recente rapporto delle Nazioni Unite ha rivelato la presenza sul territorio congolese di 3.000-4.000 soldati ruandesi, che nelle ultime settimane hanno guadagnato rapidamente terreno.
Il Congo orientale è nel caos. Le autorità congolesi hanno perso il controllo su ampie porzioni di territorio, ormai in balia dei ribelli dell’M23, appoggiati da Kigali. Nel frattempo, la missione dell’ONU in RDC, la Monusco, che conta circa 15.000 soldati, ha annunciato di essere “attivamente impegnata in intensi combattimenti” contro i ribelli, ma agli occhi della popolazione la sua azione è percepita come inefficace se non del tutto inutile.
Ambasciate assaltate, il fallimento della diplomazia
Nel mirino dei manifestanti sono finiti anche i Paesi accusati di inerzia o, peggio, di complicità. A Kinshasa, le ambasciate di Francia e Belgio sono state attaccate, nonostante l’Unione Europea abbia ufficialmente intimato all’M23 di fermare la sua avanzata e al Ruanda di ritirarsi immediatamente dal Congo in una dichiarazione congiunta firmata dai 27 Stati membri.
Anche le ambasciate di Kenya e Uganda sono state prese di mira. Intanto, sul fronte orientale, la crisi si fa sempre più sanguinosa: nelle ultime ore, sette soldati sudafricani e tre del Malawi, in servizio nella forza regionale della Comunità di Sviluppo dell’Africa Meridionale (SADC), sono stati uccisi nei combattimenti. La missione della SADC, che ha schierato migliaia di uomini per contenere le violenze, finora non è riuscita a fermare la spirale di conflitti.
L’esplosione della rabbia congolese è anche il sintomo del fallimento della politica e della diplomazia. A dicembre, un incontro tra il presidente congolese Félix Tshisekedi e il suo omologo ruandese Paul Kagame, nell’ambito del processo di pace mediato dall’Angola, è stato annullato per la mancanza di basi concrete su cui costruire un accordo.
Mentre Kinshasa brucia di indignazione, l’Est del Congo continua a sprofondare in un conflitto che rischia di trascinare con sé l’intera regione.
