Marocco, condannata la giornalista che ha abortito

di Enrico Casale
Hajar Raissouni

La giornalista marocchina Hajar Raissouni, 28 anni, è stata condannata a un anno di prigione senza condizionale con l’accusa di «aborto clandestino» e «atti contro la morale pubblica». Lo scrivono i media internazionali.

L’art. 490 del codice penale marocchino punisce «i rapporti fuori dal matrimonio». Dal 31 agosto la giornalista Hajar Raissouni è in carcere, insieme al compagno, al ginecologo e all’infermiere che l’hanno assistita.

La relazione con Refaat Alamin, 40 anni, professore universitario originario del Sudan, non è mai stata una relazione nascosta. Ai giudici, nel corso delle prime udienze, la donna ha detto di averlo sposato. I documenti del matrimonio non sarebbero ancora registrati in Marocco, solo perché l’ambasciata sudanese non avrebbe ancora formalizzato l’atto.

Nelle scorse settimane, il caso della giornalista Hajar Raissouni aveva suscitato sdegno nel Paese. Intellettuali e gente comune si sono uniti nel protestare contro una legislazione anacronistica che punisce duramente gli «atti contro la morale pubblica». Un manifesto di solidarietà alla giornalista e a supporto dei diritti di tutte le donne marocchine è stato proposto dalla scrittrice Leila Slimani e dall’attivista Sonia Terrab e firmato in prima battuta da 470 donne. Un atto di autoaccusa per aprire ancora una volta il dibattito sulla discriminazione e sui diritti negati.

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