Mali, “la comunità internazionale non ha affrontato le radici della crisi”

di claudia

di Gianfranco Belgrano

“È vero che sono stati fatti anche degli sforzi per affrontare le radici profonde della crisi. Il G5 Sahel era un’iniziativa veramente africana, sahelo-francese, che aveva tutta una componente di sviluppo. E anche l’Unione Europea aveva piani di sviluppo per il Sahel. Ma i piani non sono stati attuati correttamente. Abbiamo ancora gli stessi problemi. Cioè, abbiamo progetti che sono fatti, molto top down, ma che alla fine non riusciamo ad eseguire”. Dougoukolo Alpha Oumar Ba-Konaré, docente di lingua e società Peul presso l’Institut national des langues et civilisations orientales (Inalco) di Parigi parla a margine della Conferenza sul clima organizzata da Internationalia a Milano nei giorni scorsi mentre dal Mali giungono notizie di nuovi eccidi dai contorni ancora da chiarire.

“L’insicurezza è rimasta, è aumentata – prosegue Ba-Konaré intervistato da InfoAfrica/Africa Rivista – e questo significa che le cose sono ancora più problematiche. E poi, bisogna dire che con il malgoverno di diversi Paesi africani, il Mali nel nostro caso, e l’insicurezza impediscono di andare a svolgere qualunque tipo di operazione, tutto è stato davvero messo in attesa. Se mai ci fosse stato un governo migliore a Bamako e se ci fossimo dati veramente a livello internazionale le ambizioni e i mezzi per sconfiggere i movimenti terroristici, penso che avremmo potuto fare molto davvero sul campo, ma non è stato fatto”. 

Quali errori ha fatto la Francia negli ultimi dieci anni?

“La Francia è stata troppo compiacente secondo me, cioè ha lasciato passare molte cose nel suo partenariato con Bamako. Non si è imposta abbastanza a livello di tutti i diritti umani. La popolazione si aspettava molto dalla Francia in termini di protezione. Ma la Francia è rimasta molto vicina al regime di Bamako, senza criticare ciò che il regime faceva. Penso che questo abbia impedito un’operazione su larga scala, operazioni davvero su larga scala in Mali. Così, quando il regime del Mali è caduto nell’agosto 2020, la giunta ha potuto dire che la Francia non aveva fatto molto”.

In Mali, ma anche in Burkina Faso, la gente è scesa in strada ad applaudire i golpisti. Sono state manifestazioni di sincero sostegno agli eserciti?

“È così. La gente ha applaudito e credo che il regime al potere a Bamako abbia ancora molto sostegno. Ecco perché quando parliamo di regime dittatoriale, è forse qualcosa su cui bisogna fare attenzione. Perché se la popolazione è dietro il regime, fino a che punto si può dire così? In ogni caso, ci sono molti approcci, manovre populiste, in particolare su tutto ciò che si oppone agli interessi dell’Occidente, tutto ciò che ha spinto Bamako ad allearsi con la Russia”. 

La Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (Ecowas) ha stabilito sanzioni contro il Mali. 

“Forse pensavano che le sanzioni avrebbero spinto la popolazione a rivoltarsi contro i golpisti ma non è stato così. Al contrario, la popolazione l’ha presa come una prova che la Francia sta cospirando con i suoi vicini contro il Mali. E così ha rafforzato ancora di più le basi di coloro che hanno realizzato il putsch. E questi si sono sentiti talmente forti da organizzare un secondo putsch nel maggio dell’anno scorso nel corso del quale il presidente di transizione è stato messo da parte. Tutto questo presenta un aspetto molto bellicoso: ma penso che i maliani, con tutto quello che hanno vissuto negli ultimi dieci anni, stavano quasi aspettando questo tipo di messaggio. Un messaggio molto offensivo che può rassicurarli, anche se i risultati sul campo non arrivano”.

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