Libia | Bengasi: «Voce alle armi»

di Enrico Casale
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«Il tempo dei colloqui diplomatici è finito e ora è il tempo dei fucili»: lo ha detto il portavoce dell’Esercito nazionale libico (Lna) di cui Khalifa Haftar è comandante generale in un’intervista ad Al Arabiya sintetizzata sul sito dell’emittente panaraba. Il portavoce, Ahmed al-Mismari, ha ribadito una posizione di chiusura rispetto a negoziati per porre fine alla battaglia per la conquista di Tripoli, già espressa più volte in passato.

È dal 4 aprile che le forze provenienti dalla Cirenaica combattono contro quelle della Tripolitania (guidate da Fayez al-Sarraj, il presidente riconosciuto dalla comunità internazionale) in una battaglia feroce alle porte di Tripoli, la capitale del Paese. Secondo le Nazioni Unite, gli scontri hanno ucciso o ferito decine di civili, tra cui molti migranti e rifugiati trattenuti nei centri di detenzione, e hanno causato lo sfollamento di oltre 100.000 persone.

Dalla primavera, la battaglia ha conosciuto un’escalation. Entrambe le parti hanno ricevuto materiali e armamenti dai loro più stratti alleati. Haftar ha potuto contare sul supporto di Emirati Arabi Uniti, Egitto, Arabia Saudita, ma anche di Francia e Russia. Secondo alcuni rapporti internazionali, le forze della Cirenaica sarebbero state affiancate da mercenari russi. Professionisti che hanno dato un contributo decisivo all’avanzata dell’Lna.

Da parte sua le milizie che sostengono Tripoli godono dell’alleanza della Turchia e del Qatar. Ankara ha inviato mezzi corazzati e droni. Il presidente Erdogan ha dichiarato che, in caso di necessità (cioè se le truppe della Cirenaica dovessero conquistare la capitale), potrebbe addirittura inviare una missione delle forze armate turche.

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