La maggior parte di chi migra in Africa resta nel continente

di claudia

di Andrea Spinelli Barrile

In contrasto con la narrativa globale che punta i riflettori sulle migrazioni verso l’Occidente, l’ultimo rapporto dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni racconta una realtà diversa: la maggior parte delle migrazioni in Africa occidentale e centrale è interno o intraregionale.

Secondo un recente rapporto dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), oltre il 77% delle migrazioni nell’Africa occidentale e centrale è interno o intraregionale, un dato che evidenzia l’importanza delle dinamiche locali di fronte a idee preconcette e a una narrativa globale che si concentra sulle migrazioni verso l’Occidente, che sono marginali.

La mobilità umana in Africa occidentale e centrale, storicamente caratterizzata da scambi culturali ed economici, sta oggi assumendo forme diversificate, complesse e interconnesse: che si tratti di transumanza, migrazione economica, spostamenti legati a rischi climatici o conflitti, la regione rimane uno dei principali centri di movimento umano del continente. Contrariamente a quanto si pensa, la maggior parte dei flussi migratori nella regione è interna e intraregionale: oltre il 77% degli 11,3 milioni di migranti che vivono in Africa occidentale e centrale proviene da questa stessa regione, con Paesi come la Costa d’Avorio, la Nigeria e il Ciad che ospitano il maggior numero di migranti regionali, mentre Burkina Faso, Mali e Nigeria sono i principali Paesi di origine.

Queste dinamiche sono spiegate da logiche storiche di prossimità, scambi economici e reti comunitarie: l’Oim rileva che la maggior parte dei migranti sono giovani uomini disoccupati in cerca di migliori opportunità. I dati proposti dall’Organizzazione sono aggiornati a dicembre 2024 e mostrano che anche la mobilità femminile è in aumento: le donne sono ora il 22% delle persone migranti, spesso per motivi di lavoro o familiari.

Il principale fattore trainante del fenomeno delle migrazioni rimane quello economico: il 72% degli intervistati nei 26 punti di monitoraggio dei flussi ha dichiarato di spostarsi per trovare lavoro in settori come agricoltura, commercio, artigianato, attività mineraria o servizi. La transumanza invece, una pratica ancestrale di mobilità pastorale, sta subendo cambiamenti radicali a causa dell’insicurezza, dei cambiamenti climatici e della rapida urbanizzazione: nel 2024, sono state registrate oltre 5.000 segnalazioni di tensioni o conflitti legati alla transumanza, che richiedono un ripensamento nella gestione di questi spostamenti.

Le zone di confine, che sono i punti chiave di questa mobilità intracontinentale, sono allo stesso tempo leve economiche e spazi vulnerabili, che secondo l’Oim necessitano di una migliore governance. Gli sfollati interni legati a conflitti e disastri, alla fine del 2024, erano più di 8 milioni di persone, in leggero aumento rispetto al 2023 (7,9 milioni) e, allo stesso tempo, quasi 50.000 migranti hanno beneficiato di programmi di rimpatrio volontario e reinserimento.

Sylvia Ekra, direttrice regionale dell’Oim per l’Africa occidentale e centrale, ha sottolineato la necessità di adottare un approccio basato sui dati e incentrato sulle specificità locali per integrare pienamente la migrazione nelle politiche nazionali, regionali e continentali, definendo le persone migranti “essenziali per la storia e il futuro della nostra regione”: esistono quadri giuridici, come il Protocollo sulla libera circolazione delle persone della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas), l’Area di libero scambio continentale africana (Afcfta) e il Patto globale per le migrazioni (Gcm), che forniscono una base per sfruttare la mobilità come leva per la pace e lo sviluppo e che promuovono in particolare gli investimenti nei giovani, protagonisti dei flussi migratori, il commercio transfrontaliero e la coesione sociale tra Paesi confinanti.

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