di Andrea Spinelli Barrile
Con un contratto da 43 milioni, la Repubblica Democratica del Congo lancia una maxi campagna di soft power con il Barça. Ma tra guerre interne e accuse di usare lo sport come strumento di marketing per distogliere l’attenzione dai problemi interni, il modello “Visit Rwanda” divide l’opinione pubblica.
La Repubblica Democratica del Congo ha firmato un contratto da 43 milioni di euro con il Barcellona, club catalano in difficoltà finanziaria da diverse stagioni. L’accordo, in vigore dal 1° luglio e rivelato dal portale Jeune Afrique, prevede la promozione del marchio “Rdc – Heart of Africa” attraverso attività legate a sport, cultura e turismo. Il logo comparirà sul retro delle maglie da allenamento di giocatori e staff tecnico del Barça, a eccezione delle partite di Champions League e del Mondiale per club. Inoltre, a ogni partita disputata nel nuovo Camp Nou – che sarà inaugurato il 10 agosto con una capienza rinnovata di 105.000 posti – alla Rdc saranno garantiti due minuti di pubblicità.
Il contratto prevede anche una sala Vip dedicata al Paese africano per ospitare delegazioni e partner, la possibilità di organizzare un evento annuale nell’intero stadio e l’apertura di uno showroom di circa 80 metri quadri per promuovere la destinazione turistica congolese e i suoi prodotti tipici. In cambio, il Barcellona si impegna a ospitare ogni anno quattro ritiri tecnici di cinque giorni per formare fino a 50 giovani calciatori congolesi presso le proprie strutture in Catalogna.
La firma con il Barcellona segue altri accordi siglati recentemente dal governo congolese: a giugno, la Rdc ha stretto un’intesa simile con l’As Monaco per 4,8 milioni di euro complessivi in tre stagioni, mentre il Milan ha firmato un contratto con il ministero del Turismo congolese per 14 milioni di euro a stagione per tre anni. Queste operazioni fanno parte di una strategia volta a rilanciare l’immagine internazionale del Paese, che però solleva forti critiche. Con l’est della Rdc ancora dilaniato da un conflitto trentennale, molti osservatori definiscono queste iniziative come esempi di sportwashing, ovvero l’uso dello sport come strumento di marketing per distogliere l’attenzione dai problemi interni.
Una strategia, questa, che richiama da vicino il modello ruandese: il Ruanda, rivale storico della Rdc, è da anni protagonista di una massiccia campagna di soft power fondata sulle sponsorizzazioni sportive internazionali. Il marchio “Visit Rwanda” compare infatti sulle maglie di club prestigiosi come Arsenal (Inghilterra), Bayern Monaco (Germania), Atletico Madrid (Spagna) e Paris Saint-Germain (Francia), squadra della quale è tifoso anche il presidente congolese Félix Tshisekedi.

La campagna ruandese è però al centro di aspre polemiche. In Francia, la proroga fino al 2028 della sponsorizzazione con il Psg ha suscitato proteste parlamentari: un gruppo di deputati ha denunciato “la partnership della vergogna”, accusando il Ruanda di utilizzare lo sport per “ripulire” agli occhi del mondo la propria implicazione nel conflitto congolese. In un comunicato, i deputati hanno accusato Kigali di sostenere direttamente i ribelli dell’M23, responsabili di massacri, bombardamenti e stupri nella Rdc. Una petizione per chiedere la fine dell’accordo con il Psg ha superato le 75.000 firme già a fine gennaio.
Il successo mediatico della strategia ruandese è tuttavia evidente: l’Arsenal, solo per citare un esempio, registra in media oltre 3 milioni di telespettatori globali per ogni partita. Secondo un rapporto dell’Ufficio del Revisore generale del Ruanda, nel 2022 le sponsorizzazioni turistiche hanno generato un ritorno stimato di 15:1 sugli investimenti, con un’impennata delle richieste turistiche e del traffico digitale sulle piattaforme “Visit Rwanda” durante le trasmissioni sportive.
Il Ruanda ha anche ospitato oltre 70 eventi sportivi, tra cui il Congresso della Fifa, l’assemblea della Federazione Internazionale dell’Automobile, la Nile Conference di basket e i Mondiali di ciclismo Uci. Attualmente, Kigali sta lavorando per portare nel Paese anche una tappa del campionato di Formula 1.
Nonostante la visibilità ottenuta, le sponsorizzazioni ruandesi sono state oggetto di forti critiche interne ed esterne. In Gran Bretagna, l’accordo con l’Arsenal del 2018 provocò interrogazioni parlamentari e l’apertura di un’inchiesta. In Ruanda, esponenti dell’opposizione come Renè Mungezi denunciarono un uso improprio di fondi pubblici. Le critiche si concentravano sul contrasto tra l’immagine promossa all’estero e le gravi condizioni interne: circa il 37% dei bambini ruandesi soffre ancora oggi di malnutrizione cronica, mentre le regioni orientali del Paese affrontano gravi crisi alimentari.
La Rdc sembra ora ripercorrere la stessa strada. Anche qui le polemiche non mancano. Bienvenu Matumo, esponente del movimento civico La Lucha con base a Goma, ha definito “irresponsabile, incoerente e indecente” l’accordo con il Monaco, denunciando lo spreco di fondi pubblici. Una posizione condivisa anche da ambienti sportivi locali: “Nello sport congolese, un piccolo aiuto ci farebbe davvero comodo. Potrebbero darcene la metà”, ha dichiarato a Jeune Afrique Vidiye Tshimanga, presidente delle Eagles of Congo, squadra campione nazionale in carica.



