Gli etiopi: «Abbiamo sparato noi al team dell’Onu»

di Enrico Casale
soldati etiopi

«Sì, a sparare sono state le nostre truppe». Un portavoce etiope ha ammesso che militari dell’esercito federale hanno sparato su un team delle Nazioni Unite. I soldati avrebbero aperto il fuoco perché gli operatori umanitari avrebbero ignorato le istruzioni e avrebbero attraversato, senza autorizzazioni, un checkpoint nel Tigray.

Dal 28 novembre, giorno in cui Addis Abeba ha dichiarato che i combattimenti sono terminati, le Nazioni Unite e le agenzie umanitarie continuano a cercare di entrare nella regione settentrionale per portare aiuto alla popolazione stremata da più di un mese di combattimenti e violenze.

«Alcuni membri del personale delle Nazioni Unite sono stati arrestati e altri sono stati uccisi – ha ammesso Redwan Hussein -. Hanno violato due posti di blocco per recarsi in aree dove non era ammesso andare e dove è stato detto loro di non andare».

Intervenendo in una conferenza stampa nella capitale Addis Abeba, Redwan ha insistito sul fatto che il personale delle Nazioni Unite fosse responsabile dell’incidente di domenica vicino alla città di Shire, sostenendo che stavano tentando «una specie di spedizione avventurosa».

«Questo Paese non è una terra di nessuno – ha detto -. Se a qualcuno viene detto di non andare, allora di deve rispettare il divieto. Non si può ignorare un avvertimento del governo».

Migliaia di persone sono state uccise nei combattimenti iniziati il ​​4 novembre tra le forze governative e quelle fedeli alla leadership del Fronte di liberazione popolare del Tigray (Tplf). Quasi 50.000 sono fuggite in Sudan, mentre le 600.000 che vivono nel Tigray dipendono ancora dalle riserve di cibo (sempre più risicate) esistenti prima dell’inizio dei combattimenti.

La scorsa settimana l’Onu ha affermato di aver firmato un accordo con il governo etiope che garantisce «l’accesso incondizionato all’assistenza umanitari». Tuttavia, martedì, Redwan ha aggiustato il tiro: «L’accordo che abbiamo stipulato presuppone che l’Onu collabori con noi. Quindi abbiamo bisogno di collaborazione. Non è consentito guidare da soli, spostarsi da soli. Non esiste accesso illimitato in ogni angolo dell’Etiopia».

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