03/01/14 – Niger – Uranio: areva sospende produzione, “ennesimo ricatto”

di AFRICA

 

In piena trattativa su nuovi contratti minerari tra lo Stato nigerino e Areva, dopo la scadenza dei precedenti accordi lo scorso 31 dicembre, il gigante francese dell’uranio ha fermato la sua produzione ad Arlit nei siti gestiti dalla Cominac e la Somair, società in cui l’azionista di maggioranza è il gruppo dell’ex potenza coloniale. Eppure nei due impianti della città settentrionale i lavoratori si trovano sul sito dietro espressa richiesta delle autorità locali anche se le istallazioni sono “ferme”. Lo ha confermato da Arlit Salifou Chipkaou, vice segretario generale del Sindicato nigerino delle miniere (Synamin). Per giustificare la sua decisione la direzione di Areva ha parlato di “vuoto giuridico”. Eppure soli pochi giorni fa l’ufficio stampa della società francese sottolineava che il 31 dicembre “non rappresenta il termine ultimo” per stipulare nuovi accordi con le autorità di Niamey.

“Confermo che i due impianti sono fermi dal 1° gennaio. Si tratta dell’ennesimo tentativo di Areva di esercitare pressioni sul governo. Si tratta di un vero e proprio ricatto” denuncia alla MISNA Ali Idrissa, coordinatore della Rete delle organizzazioni per la trasparenza e l’analisi di bilancio (Rotab), contattato nella capitale nigerina. Rivolgendosi al presidente Mahamadou Issoufou, l’attivista del Rotab ha insistito sul fatto che “è il capo dello Stato del Niger non della Francia, pertanto deve tenere duro per difendere a tutti i costi gli interessi del suo paese”. Per Idrissa, dopo più di 40 anni di sfruttamento delle risorse minerarie da parte di Areva “è giunta l’ora che l’uranio e le altre risorse facciano la fortuna e la felicità di tutti i nigerini”.

Da mesi la società civile ma anche il governo del povero paese del Sahel denunciano un partenariato “squilibrato” a favore della società francese. L’uranio rappresenta il 70% delle esportazioni del Niger ma contribuisce soltanto al 5% del prodotto interno lordo (Pil) oltre ad aver causato negli ultimi decenni gravi danni ambientali e alla salute dei lavoratori locali. Negli ultimi 40 anni solo il 13% del valore globale dell’uranio esportato sarebbe finito nelle casse del Niger. “Dietro Areva c’è l’ex potenza coloniale (azionista all’80%, ndr) che da più di 40 anni sfrutta a suo unico vantaggio il nostro uranio con la sua multinazionale predatrice, nell’opacità e la complicità dei dirigenti nigerini” aggiunge Idrissa, sottolineando che il negoziato si sta svolgendo in un contesto regionale particolarmente “complesso”. Un riferimento alla minaccia del terrorismo di matrice islamista che oltre al Mali incombe anche sul confinante Niger.

Lo scorso 21 novembre centinaia di persone hanno manifestato per le strade di Niamey per denunciare le storture dei contratti col colosso del nucleare. Una protesta indetta ad Arlit è stata invece vietata dalle autorità locali. Da canto suo Areva sostiene che nel 2012 il 70% dei proventi sono andati al Niger e ‘solo’ il 27% alla società che continua a rifiutare l’attuazione della nuova convenzione mineraria del 2006 per le sue filiali. I negoziatori di Areva fanno riferimento a una clausola di stabilità di 75 anni contenuta in un titolo minerario del 1968. – Misna

 

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