Un museo virtuale per riscoprire il patrimonio africano e sfatare gli stereotipi

di claudia

Un interessante progetto social lanciato dal Museo della Storia delle Donne dello Zambia mira a valorizzare il patrimonio culturale del continente, in particolare dello Zambia, portando alla luce la sua ricchezza e il ruolo centrale delle donne nelle società precoloniali, sfatando falsi miti. Tra questi, l’idea errata secondo cui le società africane indigene non avessero propri sistemi di scrittura o di trasmissione del sapere.

Il progetto si chiama “Frame” (cornice) e si serve del potente mezzo di comunicazione dei social network per condividere con un pubblico ampio immagini di oggetti storici africani spesso custoditi in musei stranieri, mostrandoli con una cornice diversa in grado di restituire loro il giusto valore storico e culturale. Tra questi, spicca la cassetta da caccia con incisioni Sona, un antico sistema di scrittura africano. Sona, usato da popolazioni come i Chokwe, i Luchazi e i Luvale (tra Zambia, Angola e Repubblica Democratica del Congo), è un sistema simbolico con significati matematici, cosmologici e culturali. Storicamente tramandato dalle donne, oggi è quasi dimenticato, ma alcune anziane ne conservano ancora la conoscenza.

“Siamo cresciuti sentendoci dire che gli africani non sapevano leggere né scrivere”, racconta alla Bbc Samba Yonga, una delle fondatrici del Museo Virtuale della Storia delle Donne dello Zambia. “Ma avevamo un nostro modo di scrivere e trasmettere conoscenze, completamente ignorato e messo da parte”.

Fino ad ora sono state pubblicate sui social 50 oggetti, ognuno mostrato con una spiegazione sul loro significato e utilizzo. Frame sta avendo molta visibilità sui social. L’iniziativa e mira a ridare voce a conoscenze cancellate dal colonialismo, ispirare orgoglio culturale e incoraggiare nuove ricerche.

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