di Valentina Giulia Milani
Riaffiorano i timori di nuove divisioni in Etiopia, un Paese che non ha ancora rimarginato le cicatrici di un conflitto, scoppiato nel 2020, costato 600.000 vittime e oltre cinque milioni di sfollati.
Delegazioni di leader religiosi e rappresentanti della società civile si sono recate nelle ultime settimane a Macallé, capitale della regione etiope del Tigray, per favorire il dialogo con le autorità locali. La scena richiama quanto accadde nei mesi precedenti alla guerra del 2020, quando i tentativi di mediazione non bastarono a fermare l’escalation armata.
Secondo un’analisi pubblicata da Al Jazeera, questi segnali alimentano timori di nuove fratture in un Paese che porta ancora le cicatrici del conflitto costato circa 600.000 vite e cinque milioni di sfollati. L’accordo di pace firmato a Pretoria nel novembre 2022 tra il governo federale e il Tigray People’s Liberation Front (Tplf) appare oggi indebolito: Addis Abeba accusa il Tplf di non aver deposto le armi, mentre i tigrini denunciano il mancato ritorno di circa 1,6 milioni di sfollati e la revoca della registrazione del partito.
All’interno dello stesso Tplf persistono divisioni: lo scontro tra il leader nominato da Abiy Ahmed, Getachew Reda, e il capo storico Debretsion Gebremichael ha provocato una crisi politica culminata con la cacciata di Getachew da Macallé. Intanto le milizie amhara continuano a mantenere il controllo di aree contese nel Tigray occidentale, alimentando nuove tensioni sul terreno.
L’elemento più critico, sottolinea Al Jazeera, riguarda i rapporti con l’Eritrea. Il presidente Isaias Afwerki non ha mai accettato pienamente il percorso di pace e ha interpretato come una minaccia le dichiarazioni del premier Abiy sull’“esigenza esistenziale” dell’Etiopia di ottenere uno sbocco sul mare. Eritrea ed Etiopia hanno rafforzato i dispositivi militari al confine, mentre Asmara ha richiamato i cittadini alla leva. Parallelamente, l’accordo tra Addis Abeba e il Somaliland ha provocato la reazione della Somalia, aprendo un ulteriore fronte di tensione regionale.

“Un nuovo conflitto in Tigray, e con l’Eritrea, sarebbe estremamente devastante”, ha dichiarato ad Al Jazeera Abel Abate Demissie del think tank Chatham House. Le conseguenze andrebbero ben oltre i confini etiopi, in una regione già segnata dalle guerre in Sudan, Sud Sudan e Somalia. La stessa Addis Abeba rischierebbe di perdere peso come sede dell’Unione Africana e hub strategico per i trasporti aerei africani.
Sul piano interno, Abiy affronta una crescente crisi di legittimità, con dubbi sollevati da leader regionali amhara e oromo sulla capacità del governo centrale di garantire stabilità. Intanto, la popolazione civile del Tigray vive nell’incertezza: molti cercano di fuggire percorrendo rotte migratorie pericolose verso lo Yemen attraverso il Golfo di Aden.
Come conclude Al Jazeera, il futuro dell’Etiopia dipenderà dalla volontà del primo ministro di ricostruire rapporti sia con il Tplf sia con l’Eritrea. Senza un impegno concreto, il rischio è che il Paese torni a scivolare in una fase di profonda instabilità.



