di Cristina Bocca
La violenza di genere è un fenomeno largamente diffuso nello Zambia. Il fenomeno è più drammatico negli slum, dove l’abuso di alcool, i bassi livelli di istruzione e la trappola della povertà alimentano comportamenti violenti a danno del genere femminile. In questo contesto dal 2018 opera Stop the Violence, un progetto diventato poi ong, che gestisce un’unità Antiviolenza presso l’unico ospedale pubblico di Kanyama.
A volte la Terra sembra un luogo orribile per il genere femminile: femminicidi, stupri di guerra o “di pace”, child marriage, non passa giorno che non si veda o senta qualcosa di mostruoso a danno di bambine, ragazze o donne. Ci sono luoghi della Terra dove persino le donne pensano sia normale essere picchiate dal marito, che non si domandano se hanno voglia o no di fare l’amore, perché non sanno di avere il diritto di gestire la propria sessualità. Kanyama, periferia di Lusaka, capitale dello Zambia, è uno di questi.
Kanyama è uno dei quartieri più poveri e degradati della capitale zambiana, un insediamento informale, sovrappopolato, privo di servizi essenziali come la fornitura idrica o le fognature, dove la violenza contro donne e minori è una emergenza sociale. La violenza di genere è un fenomeno largamente diffuso nello Zambia, come in altri paesi del mondo. Le ragioni sono culturali: al genere femminile è assegnato un ruolo subordinato al maschio e questa subordinazione si esplica in tutti gli ambiti della vita di una donna, incluso quello sessuale. Il fenomeno è più drammatico negli slum, dove l’abuso di alcool, i bassi livelli di istruzione e la trappola della povertà alimentano comportamenti violenti a danno del genere femminile. Raramente le donne denunciano e ancor più raramente il caso finisce in tribunale: la maggioranza delle donne, figlie di una radicata cultura patriarcale, non è nemmeno cosciente dei propri diritti.
La dipendenza economica (spesso associata ad un basso livello di istruzione), o il solo fatto di non avere un altro luogo dove andare, scoraggia una denuncia. Spesso anche la famiglia di origine rifiuta di riaccogliere una figlia vittima di abusi. La violenza si scatena anche contro i minori: bambine e adolescenti abusate, sacrificate sull’altare dell’ignoranza, che vede in un rapporto sessuale con una vergine una cura per una malattia o un rito propiziatorio per procurarsi ricchezza o semplicemente migliori opportunità.
Nel 2018 è nato il progetto Stop the Violence grazie alla Fondazione per la Promozione Umana e la Salute, PRO.SA. Il progetto, oggi coordinato da Alessia Defendi, insieme ad alcuni professionisti locali, gestisce una Unità Antiviolenza presso l’unico ospedale pubblico di Kanyama. Stop the Violence si è dato una veste istituzionale, costituendosi in ONG zambiana, con il nome di Ulemu, una parola che in lingua locale significa “rispetto”.
Nel 2022 l’Unità Antiviolenza ha accolto 1726 vittime, in aumento di un terzo rispetto all’anno precedente. L’incremento è ancora più significativo se consideriamo i minori: 481 nel 2022, in aumento del 39% rispetto al 2021, soprattutto a causa degli stupri, cresciuti del 49%. L’aumento è paradossalmente legato alla presenza dell’Unità Antiviolenza e dei servizi da esso offerti. Prima del 2018, l’ospedale di Kanyama non disponeva di alcun servizio di assistenza alle vittime di violenza. Una donna picchiata o una minore stuprata si recava in ospedale per le cure sanitarie, terminate le quali tornava a casa, nello stesso luogo dove con ogni probabilità la violenza si sarebbe ripetuta.
La presenza di Stop the Violence e l’apertura all’interno dell’ospedale di Kanyama dell’Unità Antiviolenza hanno creato le condizioni non solo per assistere la vittima, ma anche per far uscire allo scoperto le dimensioni del fenomeno della violenza domestica e sui minori a Kanyama. All’Unità Antiviolenza le vittime incontrano personale che ha anni di esperienza e una serie di servizi. Il più importante è apparentemente il più banale: l’ascolto. Le persone abusate, adulti o minori che siano, si aprono per la prima volta, anche se con difficoltà, con qualcuno che le ascolta senza giudicarle. I minori, in particolare, provano un profondo senso di vergogna per ciò che è loro accaduto e non ne parlano con nessuno, anche se inevitabilmente segnali di disagio emergono per chi li sa leggere.
Capita che sia l’insegnante ad accompagnare all’Unità Antiviolenza una ragazza perché ha notato un drastico cambio di comportamento e di risultati scolastici, che si scoprono essere la conseguenza di violenze sessuali. L’operatore avvia una serie di azioni calibrate sulla situazione specifica della vittima: la si accompagna in ospedale se necessario per il trattamento delle ferite o per il test dell’HIV o il test di gravidanza, alla polizia per la denuncia, in tribunale per le testimonianze. Oppure si procede con la mediazione familiare, con il counselling di coppia, con la consulenza legale per ottenere il mantenimento dei figli dal compagno abusante, si individua una struttura che possa accogliere la donna o il minore a rischio della vita stessa. Tutto ciò avviene in stretta collaborazione con le istituzioni zambiane: l’ospedale di Kanyama, e il suo personale medico e paramedico, le stazioni di polizia, i servizi sociali.
Il governo zambiano si è dotato di una legislazione adeguata con l’Anti- Gender Based Violence Act No. 1 del 2011, coerente con i trattati internazionali sottoscritti dallo Zambia. Ancora del 2011 è l’Education Act che vieta i matrimoni di ragazze che stanno frequentando la scuola, una norma contro i matrimoni precoci conseguenti a gravidanze indesiderate in minorenni che hanno subito una violenza sessuale. Particolarmente incoraggiante è l’approvazione ad agosto 2022 del Children’s Code Act, un provvedimento a tutela dei minori in linea con gli standard internazionali. Nel 2023 le novità legislative in ambito di Child Protection saranno oggetto di una formazione specifica a beneficio di operatori di polizia e sociosanitari di Kanyama, grazie all’ausilio di un consulente legale impiegato da Ulemu. Infine, Ulemu prosegue la sensibilizzazione della comunità di Kanyama sui diritti dei minori, con particolare attenzione ad alcune categorie (insegnanti, leader di comunità, rappresentanti religiosi, responsabili di chiese).
L’attività di sensibilizzazione si avvale dei comitati di quartiere, formati negli anni dagli operatori di Stop the Violence, composti da membri influenti della comunità di appartenenza. Essi costituiscono efficaci mediatori tra gli operatori e la popolazione oltre ad essere attori di sorveglianza sociale in merito a famiglie, minori, disabili, che versano in situazioni di particolare gravità e disagio (abuso, malnutrizione/denutrizione, sfruttamento, abbandono).
Per sostenere STOP the VIOLENCE
Fondazione Pro.Sa C.F. 97301140154