di Uoldelul Chelati Dirar
Continua la nostra rassegna di luoghi e istituzioni “della memoria” che hanno avuto un ruolo importante nella storia delle relazioni tra Italia e Africa. Dopo il Vaticano, andiamo a Napoli.
Nel suo sito istituzionale, l’Università degli Studi di Napoli L’Orientale si presenta come «la più antica Scuola di sinologia e orientalistica del continente europeo, con una consolidata tradizione di studi nelle lingue, culture e società dell’Europa, dell’Asia, dell’Africa e delle Americhe», che «si propone, fin dalle sue origini, come un centro di studio e di ricerca che intende porre in evidenza le differenze e i punti di contatto tra le culture». Come il nome stesso rivela, questa istituzione nasce con un occhio rivolto all’Asia. Il suo primo nucleo venne infatti fondato nel 1724 da padre Matteo Ripa, che aveva alle spalle tredici anni di attività missionaria in Cina, ed era denominato Collegio dei Cinesi. Nasceva quindi con una specifica vocazione missionaria e si proponeva di formare giovani cinesi che avrebbero poi dovuto tornare in patria a svolgere opera di proselitismo, costituendo così un nucleo di clero cinese.
Successivamente il Collegio si aprì anche a giovani italiani, ma anche albanesi, bosniaci, bulgari, egiziani, greci, libanesi, montenegrini e serbi. All’insegnamento del cinese venne così aggiunto quello dell’arabo e del russo. È a datare dal 1888 che l’istituto incontra l’Africa. In tale anno, dopo un animato dibattito parlamentare, veniva approvata una proposta di legge che lo rinominava Regio Istituto Orientale. Il decreto prevedeva anche l’aggiunta dell’insegnamento delle lingue parlate nel Corno d’Africa. Iniziò così una tradizione che in breve portò L’Orientale a divenire uno dei più prestigiosi centri per lo studio delle lingue geez, amarica e tigrina. La vocazione coloniale dell’Orientale si fece ancora più esplicita nel 1904, quando, ad opera del futuro ministro Francesco Saverio Nitti, venne proposto di inserire nell’Istituto una sezione coloniale con l’obiettivo di promuovere l’insegnamento di sei nuove discipline, ovvero: la geografia coloniale, con speciale riguardo all’Asia e all’Africa, e soprattutto alle colonie italiane; la storia moderna e contemporanea della colonizzazione; la legislazione coloniale; nozioni sull’islam e la sua storia (Stato, società, religione, diritto, costumi del mondo musulmano); nozioni d’igiene; ed etnologia. Intento dichiarato era fornire «una completa e pratica conoscenza delle colonie italiane e dei problemi che vi erano connessi» e «promuovere un’intelligente e feconda utilizzazione delle colonie italiane».

Dagli inizi del Novecento L’Orientale divenne così un’istituzione fondamentale nella formazione delle nuove leve di funzionari e amministratori coloniali destinati a espandere e consolidare le ambizioni coloniali italiane. Allo stesso tempo, pur in una cornice marcatamente coloniale, L’Orientale svolse un ruolo prezioso di fucina intellettuale, erigendosi a vivace crocevia di studiosi e intellettuali italiani e africani. Sul versante italiano, la storia dell’Orientale è indissolubilmente legata alla presenza di grandissimi studiosi quali Francesco Gallina, Enrico Cerulli, Lugi Fusella e Lanfranco Ricci che tuttora, nonostante il ruolo attivo avuto da alcuni di loro nel progetto coloniale (anche nelle sue dimensioni di violenza brutale), costituiscono un riferimento imprescindibile per chiunque si occupi dello studio scientifico delle lingue e delle culture del Corno d’Africa.
Sul versante africano, L’Orientale ha ospitato, in qualità di lettori e anche di titolari di cattedre di materie linguistiche, intellettuali della caratura di Afeworq Ghebreyesus (uno dei padri della letteratura contemporanea in lingua amarica), Fesseha Ghiorgis e Sengal Worqneh, a loro volta padri della letteratura contemporanea in lingua tigrina. A prescindere dalle intenzioni dei promotori politici e istituzionali di questo progetto formativo, i suddetti intellettuali sono riusciti a costruire un patrimonio di conoscenze che ha contribuito a plasmare lo sguardo italiano sull’Africa e sulle sue società. Questo è stato realizzato mettendo spesso in discussione gli equilibri del regime coloniale e le logiche segregazioniste che cercava di imporre.