Somalia, crisi politica e crisi umanitaria

di Enrico Casale
Mohamed Abdullah detto Farmajo

Il presidente Mohamed Abdullahi Mohamed Farmaajo chiederà oggi, 1° maggio, al parlamento di discutere una road-map che conduca a nuove elezioni di fatto rinunciando alla proroga di due anni del suo mandato approvata nei giorni scorsi e che ha innescato un rigurgito di violenza nel Paese. Farmajo vuole l’approvazione parlamentare al processo elettorale e riprendere i negoziati sull’organizzazione della votazione.

Tuttavia, la trattativa sarà difficile. Abdirahman Abdishakur, uno dei principali oppositori del presidente, ha respinto l’apertura di Farmaajo e lo ha accusato di volersi “aggrapparsi al potere”. L’Unione dei candidati all’opposizione ha inoltre invitato il Parlamento a non prendere una decisione che minaccerebbe il processo elettorale.

Diversi analisti sottolineano la necessità di un mediatore indipendente, come l’Unione Africana (Ua) che favorisca il dialogo. La tensione resta alta a Mogadisico. Le manifestazioni contro il presidente somalo hanno avuto luogo venerdì 30 aprile in serata.

Nel frattempo il governo keniano ha comunicato all’Unhcr (agenzia Onu per i rifugiati) l’intenzione di chiudere i campi profughi di Kakuma e Dadaab entro giugno del 2022. Nei campi vivono più di 400.000 persone, la maggior parte somali e sudsudanesi.

Il presidente del Kenya, Uhuru Kenyatta, e il responsabile dell’Unhcr, Filippo Grandi, si sono incontrati ieri a Nairobi e hanno concordato di formare un team congiunto per attuare una road-map che porti alla chiusura dei campi. Secondo il nuovo accordo, almeno 15.000 rifugiati ogni mese potranno scegliere se rientrare nelle loro terre d’origine o essere reinsediati altrove in Kenya.

“Diamo rifugio ai rifugiati da oltre 30 anni – ha dichiarato ai media locali Karanja Kibicho, alto funzionario del ministero degli Interni del Kenya -. La nostra capacità di ospitarli più a lungo con standard minimi di azione umanitaria sta raggiungendo i limiti. La decisione di chiudere i campi di Dadaab e Kakuma entro il 30 giugno 2022 è nell’interesse pubblico del nostro Paese”.

Le autorità di Nairobi hanno annunciato per la prima volta la loro intenzione di chiudere il campo di Dadaab nel 2016, citando preoccupazioni per la sicurezza nazionale sull’infiltrazione di militanti del gruppo islamista con sede in Somalia al Shabaab.

L’intenzione del governo del Kenya di chiudere i campi è però, al momento, rallentata da una decisione dell’Alta Corte che ha emesso un’ordinanza che sospende per trenta giorni i rimpatri a seguito di un ricorso da parte dell’ex candidato alla presidenziale, Peter Gichira, che ha cercato di bloccare la chiusura.

Condividi

Altre letture correlate: