Senegal, la protesta degli studenti di medicina

di Stefania Ragusa

Sadio Ousmane Diedhiou è uno studente di medicina. Sta per conseguire il dottorato ma ha già lavorato per diversi anni in un ospedale pubblico senegalese. Soffre di anemia aplastica, una malattia del midollo osseo che richiede un trapianto. L’operazione è costosa (280 milioni di franchi CFA, l’equivalente di 426mila euro) e non può essere fatta in Senegal. Per finanziare l’interveto e il viaggio, i parenti e gli amici hanno lanciato una raccolta fondi: ‘per aiutare un giovane medico senegalese a continuare a salvare vite umane’. L’hashtag che sta accompagnando la raccolta e un intenso dibattito (non solo social) è #birrhopital, che vuol dire ‘dentro l’ospedale’. Sta raccogliendo una serie di testimonianze sulle condizioni di vita e di lavoro con cui gli studenti devono confrontarsi quotidianamente, al di là del paradosso di lavorare nella sanità e non avere i mezzi per curarsi. Durante i tirocini gli studenti hanno il carico di lavoro e le responsabilità dei medici strutturati, ma non hanno stipendio (a parte un rimborso di circa 100 euro), assicurazione e devono provvedere in autonomia non solo alle spese di trasporto e cibo ma anche all’acquisto delle attrezzature mediche e dei dispositivi di protezione.
La sanità senegalese è stata citata spesso e giustamente negli ultimi tempi come un modello nella gestione del Covid-19, ma ciò non toglie che essa soffra di grosse carenze strutturali e che gli studenti di medicina – che pure si sono rivelati essenziali in questa fase – siano le figure meno tutelate.

Un delegato del ministro della Salute, Abdoulaye Diouf Sarr, ha incontrato gli amici di Sadio Ousmane Diedhiou e i rappresentanti degli studenti, promettendo un contributo finanziario e un supporto per le spese di trasporto. Ha ricordato l’esistenza di una circolare che esorta i responsabili dei centri sanitari dove gli studenti vengono formati a prendersi cura di loro, nei limiti delle reali possibilità. Se un centro non dispone dei macchinari necessari per una certa prestazione non può evidentemente fornire quella prestazione. Il Ministero della Salute ha sottolineato che la questione non ricade in realtà nelle sue competenze. Da un punto di vista tecnico gli studenti dipendono dal Centro per i lavori Universitari, che afferisce al Ministero dell’Istruzione superiore.
La questione della tutela degli studenti di medicina rimane spinosa, in particolare adesso che anche per in Senegal è iniziata la seconda fase della pandemia da Covid-19: stanno aumentando i casi e i decessi. Il 5 gennaio le autorità hanno fissato il numero di nuovi casi a 161, per 19.964 positivi in totale, con 35 casi gravi e 4 decessi. È stato decretato un nuovo stato d’emergenza nelle regioni di Thiés e di Dakar e, a partire da oggi, 6 gennaio, un coprifuoco parziale dalle 21 alle 5 del mattino. Se il contagio continuerà ad allargarsi, gli studenti potrebbero essere rimessi a lavorare tra i 1.700 posti disponibili per i pazienti Covid nei CTE, ossia i Centri di Trattamento Extraospedaliero. Il 30 dicembre il presidente Macky Sall ha inaugurato il nuovo reparto di malattie infettive e tropicali presso l’Ospedale di Fann a Dakar e il quell’occasione ha esortato il Ministro della Salute a «accelerare le riforme del sistema sanitario garantendo anche la manutenzione delle infrastrutture e delle attrezzature. rispetto alla produttività ottimale degli operatori sanitari».

(Stefania Ragusa)

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